sabato 26 novembre 2016

UN NUOVO GIOCO PER IL MIO SIGNORE

Capitolo 27


Oggi il mio signore mi ha chiamato a se dopo pranzo e senza mezzi termini mi ha detto che aveva intenzione di scoparmi e di prepararmi opportunamente perché mi voleva perfettamente pulito dentro e fuori.
E infatti, dopo circa mezz'ora eccolo avvicinarsi minaccioso e possente, con quel suo petto muscoloso e virile scoppiare dalla canotta, a mettere in risalto il suo fisico massiccio.
Lo ammiro è vero!
Ne sono innamorato!
Lui lo sa molto bene e sfrutta questa mia debolezza.
“Schiavo”, mi apostrofa, “in posizione!”
“Ho proprio voglia di culo oggi!”
“Ho voglia di sfondartelo, di farti male e di godere alla grande!”
“E sono sicuro che il tuo culo non vede l'ora di servirmi, non è forse vero?”
Io, piccolo come una formica ai suoi piedi, rispondo:”padrone, il suo piacere è il mio unico pensiero.”
“Faccia del mio corpo quello che desidera.”
“Bravo schiavo, mi piace la tua rassegnazione, anche se comunque so bene che posso fare quello che voglio di una merda come te.”
“Ho una fila lunga un chilometro di schiavi che vorrebbero il tuo posto.”
“Cosa credi, appena ti avrò consumato del tutto, ti getterò da parte e dovrai istruire il tuo successore a dovere.”
“Poi non servirai davvero più a nulla.”
“Ma per ora sei tu il mio servo e vedi di non fare cazzate.”
“Altrimenti sei finito!”
Stringendomi la sua mano intorno al collo, come se fossi una bestiola pronta per il macello, mi getta sul letto e mi tiene sul bordo, supino e con violenza apre le mie gambe, chiuse per vergogna.
Davanti al mio padrone un poco mi irrigidisco sessualmente, poiché so bene di essere un nulla in confronto a lui e di non valere niente.
Quando poi sono tra le sue mani non ho più il controllo del mio cazzo, che sembra vivere una vita propria e si eccita in modo irriverente e inappropriato.
Vorrei non averlo, vorrei essere senza sesso per il mio signore bellissimo.
Vorrei essere come una bambola forgiata per il solo fine di dare piacere al mio signore.
Un eunuco senza palle e membro come quelli presenti negli harem.
Il mio padrone è violento oggi, mi tratta come se fossi uno straccio senza vita.
Mi tiene fermo sul materasso, premendomi il collo con la sua grande mano.
Ansimo perché il mio padrone mi concede solo un filo di aria sotto la sua presa virile.
Ma vivo per dare piacere al mio re, che in questo momento mi sta osservando come per escogitare un nuovo gioco con cui umiliarmi e di conseguenza godere.
Io gli appartengo per cui devo sottostare ad ogni suo desiderio, senza possibilità di nessuna obiezione.
Ora sono davanti a lui e il suo sguardo è illuminato da una strana luce perversa e che mi inquieta.
Non vedo cosa sta succedendo, lui torreggia su di me, ma sento che le sue gambe si muovono.
Poi, dando un senso al sogghigno disegnato sulle sue labbra, vedo che la sua mano destra impugna la ciabatta, come se volesse usarla per percuotermi.
E forse lo farà.
Ma mi sembra un gioco un po' troppo lieve per gli standard di dolore a cui mi ha abituato il mio padrone.
Il suo piacere in genere prende forma quando il mio corpo inizia a manifestare i segni delle ferite che subisco, come ad esempio il sanguinare dei miei capezzoli o il rossore delle mie mani calpestate furiosamente sotto le sole delle sue scarpe.
Ed in effetti la sua voce da conferma alle mie paure:”schiavo”, tuona, “preparati ad un dolore nuovo!”
“Sposta il tuo miserabile cazzo e lascia bene in vista le tue palle!”
“Vedrai che adesso ci divertiamo!”
Ride il mio signore, ride del suo nuovo, sadico progetto.
Tengo tra le mani il mio pene, che nel frattempo è grosso e turgido e attendo ciò che temo di aver irrimediabilmente compreso.
La ciabatta, nel pugno dal mio signore, si alza sopra la sua testa e mentre la osservo, immagino il dolore che provocherà sulle mie fragili palle.
La forza del mio padrone e la rincorsa si schiantano sui miei poveri testicoli, accompagnate da un suono di pelle percossa.
Il dolore che vivo non si può esprimere, mi dilania le palle e, come una scossa elettrica mi percorre il corpo fino nel cervello e ancora si riflette nel mio occhio sinistro che sembra esplodere dal male.
Vorrei gridare e urlare, ma al mio signore da fastidio che mi lamenti, per cui cerco di ingoiare il dolore che mi è stato servito.
Il mio padrone ride e si compiace di questa nuova tortura che sto subendo per lui.
Intanto la ciabatta del mio padrone riprende la posizione di lancio per un secondo colpo.
Come una paletta per uccidere le mosche, la impugna con cattiveria inaudita, pronto a ferirmi.
E cosa sono io infatti, se non un insignificante insetto in confronto alla potenza del mio signore?
La mano del mio signore è bella e sul polso reca il bracciale in pelle e acciaio che gli ho donato mesi addietro in segno della mia sottomissione.
Vederlo mi eccita e bagna nell'intimo che, così esposto, si scioglie con una leggera bava di sperma, come la scia di una lumaca.
“Godi, schiavo? Ti bagni il cazzo se ti massacro vero?”
“Ti accontento stai tranquillo!”
E la ciabatta compie il suo tragico viaggio, schiantandosi rabbiosa sulle mie palle già rosso fuoco.
Mi sento svenire e penso:quanti colpi avrò meritato?
Quanto dolore desidera infliggermi il mio padrone?
Cerco istintivamente di chiudere le gambe, ma non posso.
Le sue, divaricate, mi impediscono ogni movimento.
“Non ci provare! Troia!” Ruggisce
La ciabatta...intanto...
La ciabatta del mio signore che ho baciato, laccato, pulito con la mia lingua fin sotto la suola.
La ciabatta che ho amato e onorato, ora diventa lo strumento della mia pena.
La mia tortura!
E giaccio senza respiro davanti al mio re, che intanto mi percuote ancora,selvaggiamente.
Non conto più i colpi subiti.
Sono troppo rapidi, in successione sfrenata.
Chiedo umilmente pietà.
Invoco una tregua.
Ma la mano del mio padrone non è soddisfatta e continua a picchiare la suola di gomma rigida sui miei testicoli.
E dentro me penso: magari dopo tutto questo, perderò l'uso del mio sesso.
Un poco questo pensiero mi consola: sapere che per mano del mio signore potrei non essere più uomo.
Intanto il mio padrone vuole immortalare il suo gioco con un paio di foto alle mie palle infuocate e massacrate.
Probabilmente le inoltrerà ai suoi amici master, sadici e crudeli, per dimostrare la sua potenza e ridere di me.
Almeno a questo pensiero mi sento fiero di essere stato percosso dolorosamente dal mio padrone, per dare luce alla sua gloria.
La ciabatta ora viene gettata a terra e il mio padrone mi sta aprendo per penetrarmi.
Tutto è molto rapido e violento.
Il mio signore sa che sono delicato e proprio per questo mi sventra con un unico colpo secco e terrificante, per il quale sento scendere le lacrime dai miei occhi.
Il male mi invade tremendo, ma non ho più forze per pensare di reagire.
Mi abbandono al dolore che mi viene servito e arrivo quasi ad amarlo, poiché frutto della crudeltà del mio signore.
Pochi colpi ancora, capisco benissimo ormai i tempi del piacere del mio padrone.
Con un verso disumano e un'ultima penetrazione devastante, viene in me.
Poi una montagna di carne si abbatte sul mio piccolo corpo.
Il mio padrone si è lasciato cadere stanco morto su di me.
Io giaccio sotto di lui, immobile.
Il suo membro è ancora turgido dentro il mio sedere.
Lentamente lo sento sgonfiarsi, ma vorrei non mi lasciasse mai.
Il mio padrone respira pesantemente sul mio viso col suo alito caldo e maschile.
Sembra riposare, forse dorme.
Il suo cazzo intanto scivola fuori dal mio ano troppo dilatato rapidamente.
Mi sento solo, mi sento perduto, mi sento morto.
Il peso del mio signore grava ancora su di me, ma per poco.
Alzandosi, sfila dal suo cazzo il preservativo che è pieno del suo generoso sperma.
Lo ammiro, lo venero, lo desidero.
Oso l'impossibile e con un filo di voce:”signore, posso bere il suo seme?”
Lui, disgustato, mi guarda scuro in volto e senza una parola mi getta addosso il suo preservativo che si appiccica al mio viso.
Avidamente lo porto alle labbra e ne verso il contenuto ancora tiepido in bocca, riempiendola.
Ingoio!
Il mio padrone intanto non ha mai smesso di guardarmi.
Voltandosi mi dice:””schiavo, mi fai vomitare!”
“Dovrei pestarti a sangue per una cosa del genere.”
“Ma in questo momento mi fai troppo schifo!”




Schiavo Luca

giovedì 24 novembre 2016

SOGNO DI UNA NOTTE

Capitolo 26


Ieri sera il mio signore mi ha davvero stupito con una delle ultime pazzie sul web.
Mi chiama al suo computer ove mi avvicino e mi inginocchio, baciando la sua mano appoggiata sul mouse.
Lui mi accarezza la testa dolcemente quasi fossi un cucciolo di cane e mi dice:”schiavo, guarda questi matti di cinesi cosa si sono invitati.”
E mi mostra sul video dei portachiavi di gomma trasparente con all'interno delle piccole tartarughe vive in una bolla di acqua.
Il mio padrone alle volte è un po crudele, e vedo nel suo sorriso una piega di sadico divertimento.
Io, forse immedesimandomi nella povera tartarughina senza speranza di sopravvivenza, mi sento di dire che così, non c'è possibilità che viva se non un giorno o al massimo due.
Il mio padrone è divertito e guardandomi mi dice:”non trovi sarebbe bello avere te al posto della piccola e innocente tartaruga?”
E ride, poiché sa bene che se fosse possibile farei tutto per lui, anche solo per dargli un divertimento di poche ore.
Soltanto per lui e per il suo piacere.
Confesso che un poco mi rincresce non poter accontentare il suo, se pur folle disegno.
E sarà per questo motivo che stanotte ho sognato e posso raccontare i pensieri che ho maturato nel sonno.
Il mio padrone grande, alto e potente, tenendomi, piccino come sono, stretto nel suo pugno, mi deposita sul bancone di un negozio dai contorni inquietanti.
Alle pareti sono appesi altri piccoli individui come me, inchiodati al muro sopravvivendo a stento.
Giaccio sul tavolo in mezzo a coltelli, forbici, altri strumenti di lavoro e la mano grande del mio padrone, che sola mi da una flebile speranza e a cui mi aggrappo terrorizzato, come se fosse uno scoglio sicuro in mezzo alla tempesta.
E il suo palmo mi copre quasi fossi in una grotta al buio, in modo che non possa comprendere ciò che sta per accadere.
Il mio padrone discute ora col negoziante e distinguo solamente poche parole:”faccia un buon lavoro e per favore me lo restituisca vivo.”
Così un'altra mano virile e forte mi strappa dal mio proprietario e mi solleva per aria osservandomi come se fossi un fantoccio di pezza.
Il negoziante risponde:”con un essere umano non lo abbiamo mai fatto, ma non dovrebbero esserci problemi.”
Il mio padrone puntualizza ridendo:”è solo uno schiavo...sono sicuro che farà un ottimo lavoro.”
“È piccolo, ma resistente.”
Grido e strillo di terrore invocando il mio padrone, mentre lo vedo allontanarsi.
E tra le lacrime penso: alla fine mi ha venduto.
Ho deluso il mio signore!
Cosa sarà di me ora? Che senso ha la mia vita senza il mio signore?
Vorrei uccidermi, ma una mano mi afferra e mi getta in una scatola.
Dopo non ricordo più nulla.
Il mio risveglio, è accompagnato da forti rimbombi come ovattati, come se fossi sott'acqua.
Il viso bellissimo del mio padrone mi osserva da vicino, ma è come dilatato, come in un incubo terribile.
Mi tiene nel palmo della sua grande mano e con un dito mi martella il volto per svegliarmi.
Mi riprendo e cerco di afferrare le sue dita meravigliose, ma c'è una barriera trasparente tra noi, e tutto il mio corpo è immerso in un liquido gelatinoso.
Cosa sta succedendo? Dove sono?
Il palmo del mio signore mi scuote e il liquido mi sommerge e affoga.
Sento la sua voce lontanissima che dice:”finalmente si è svegliato!”
E un'altra voce:”cerchi di non sbatterlo troppo. Non durerà molto!”
Capisco solo ora cosa è successo.
Ho fatto la fine delle tartarughine cinesi e il mio padrone alla fine è riuscito a fare di me un portachiavi.
E infatti dopo poco ecco arrivarmi addosso le sue chiavi di casa.
Mi colpiscono in volto, forse l'ha fatto apposta per svegliarmi definitivamente.
Il dolore è forte e mi rintrona la testa per la botta ricevuta.
Ma è solo l'inizio, me ne aspettano molte altre.
Il mio signore ora parte in auto e ogni poco vengo colpito e sbattuto qua e là, con dolore da tutte le parti.
Così provo nel mio corpo ciò che vivono quelle povere tartarughe sfortunate.
Ma almeno io ho la consolazione di fare qualcosa di speciale per il mio padrone.
Arriviamo casa ove mi getta sul tavolo e mi ritrovo a testa in giù.

Sto annegando perché il liquido non mi da scampo e l'unica bolla di aria ora si trova ai miei piedi.
Il gel in cui sono immerso mi riempie la bocca e se oso respirare sarà la mia fine.
Fortunatamente il mio re decide di volersi divertire col suo nuovo giocattolo, visto che sa che ha il tempo davvero contato.
Mi stacca dalle chiavi e inizia a usarmi come se fossi la tastiera di un cellulare.
Le sue dita bellissime e lunghe mi premono all'interno della mia gabbia di plastica.
Mi schiacciano dilatando il mio corpo, che sotto la sua pressione assume forme strane e divertenti.
Mi allargo a destra e poi il suo pollice mi preme sul petto che si apre nel mezzo entrando prepotentemente nel mio corpicino.
Poi il suo indice inizia a torturare la mia faccia, come rimescolandone i connotati.
E il suo dito ruota sul mio viso e lo preme crescentemente.
Sento la mia bocca, il naso, gli occhi, tutto si trasforma e si mescola.
Il dolore è fortissimo, ma non posso gridare.
Non servirebbe a nulla, non potrebbe sentirmi nessuno e peggio ancora rischierei solo di bere e soffocare.
Poi il mio signore inventa tanti piccoli giochi per farmi male: come cadere accidentalmente su di me e comprimermi o testare la mia resistenza sotto le suole delle sue scarpe.
Ogni gioco mi costa una sofferenza fisica altissima, ma è per lui, per il mio signore.
Ciò rende tutto più sopportabile e sadicamente bello.
La notte trascorre veloce e al mattino il mio padrone, mi vuole mostrare ai suoi colleghi.
Maschi forti e possenti, eterosessuali puri con alle spalle moglie e figli.
Sportivi e con corpi meravigliosamente scolpiti in muscoli turgidi e lucidi.
Mi passano di mano in mano lasciandomi.
Inizialmente soltanto incuriositi poi, su sollecitazione del mio signore, prendono confidenza, cominciando, ciascuno a suo modo, a spremermi quel poco di vita che ancora mi resta.
Mani grandi e virili, forti e potenti, mi stritolano non consapevoli della loro potenza che diventa brutalità nei confronti della mia fragile vita.
Mani come delle tenaglie che premono, schiacciano, amputano, sfibrano le mie carni.
Mi rendo conto che manca davvero poco alla fine.
Così, nelle loro mani, attendo solo il peggio e tremo di paura.
Vorrei rivedere almeno ancora una volta il mio signore bellissimo.
Ma chissà dov'è?
L'ho perduto per sempre. Non lo vedo tra loro.
Poi precipito, qualcuno mi ha fatto cadere perdendo la presa.
Ma il liquido mi ha protetto, solo un forte scossone e la botta a terra.
Sono vivo, ma per poco, nessuno mi ha visto e...c
iack!
Una suola ha decretato la mia fine e sotto quel piede la mia prigione d'acqua e insieme il mio corpo e la mia testa sono scoppiati in una piccola pozzanghera sul pavimento.
Mi sveglio di soprassalto, come se stessi annegando, senza aria.
Annaspo, poi mi accorgo che è solo un sogno.
Mi tocco nell'intimo: sono venuto!
Sono tutto bagnato!
Chiedo perdono al mio signore per questa eiaculazione non autorizzata.


Schiavo Luca

mercoledì 23 novembre 2016

UNA GIORNATA DIFFICILE

Capitolo 25

Signore bellissimo buona giornata.
Il mio risveglio è al suo fianco, sorridente e felice poiché la mia giornata inizia vedendo il mio bene primario.
E ancora so di essere fortunato poiché molti servi al mio pari dormono per terra, sul freddo e duro pavimento, con la faccia schiacciata sulle ciabatte del padrone ad annusarne gli umori.
Ecco questo è l'unico rincrescimento del non essere a terra, anche se più volte nella giornata ho la possibilità di nutrirmi di questa essenza preziosa.
Ma ora la osservo, mio principe ancora addormentato.
Quanto è bello il mio signore!
Piccoli movimenti del suo corpo e i suoi occhi si aprono debolmente.
Poi si stira la muscolatura e alla fine mi osserva.
“Schiavo”, mi dice, “che cazzo vuoi appena sveglio?”
Abbasso lo sguardo e chiedo scusa.
Ormai le mie richieste di perdono sono un gesto automatico non appena i miei occhi incrociano il suo sguardo.
Rialzo il viso ed in quel momento un pugno in piena faccia mi travolge, come un treno in corsa contro un muro.
E non capisco, resto interdetto e senza parole.
Perché? Cosa ho fatto?
Il volto del mio padrone è nero di rabbia, spesso il suo risveglio non è facile.
Ma questa volta è colpa mia!
Tuona:”cosa cazzo ti sei fatto questa notte che hai tutto il pigiama sporco di sangue!”
E guardo la mia maglia che in corrispondenza dei capezzoli presenta delle grosse macchie ematiche rapprese.
In quel momento capisco il suo rancore e il mio errore.
Con tono perentorio mi sgrida:”lo sai che solo io posso ferire i tuoi capezzoli!”
“Quante volte te lo devo dire!”
“Sono io il padrone! Io ti faccio male! E decido io quando fartelo, come fartelo e quanto fartelo!”
“Tu non sei niente e devi ubbidire! Smettila di fare di testa tua! Smettila, altrimenti mi incazzo sul serio e poi ti faccio male davvero!”
“Mi perdoni signore”, sussurro.
“Mi perdoni, mi perdoni”
“È l'unica cosa che sai dire! Sei patetico!”
“Alzati la maglia e fammi vedere cosa hai combinato!!!”
Ubbidisco e sotto il pigiama i miei capezzoli sono incollati al tessuto che nel sollevarsi strappa la leggera crosticina che li aveva rimarginati, facendoli così sanguinare lentamente.
La punta del capezzolo diventa sempre più rossa fino a creare una piccola goccia di sangue che in un rivolo mi segna, fermandosi tra i peli neri del petto.
Il mio padrone ancora con il capo poggiato sul guanciale mi osserva e tace.
L'atmosfera è pesante tra noi.
Non so bene cosa succederà, perché so bene di aver combinato un casino.
Ma il mio re è un signore e vuole capire il perché di questa mia necessaria ricerca autolesionista.
Ora che il sangue ha smesso di macchiare il mio seno, le sue dita mi sfiorano proprio dove prima le mie unghie si sono accanite fino alla carne viva.
Mi parla con dolcezza:”mi spieghi perché lo fai? Che necessità c'è di farti così male? Non ti bastano le umiliazioni che subisci per me? Ieri sera ti ho pisciato in gola, non ti basta questa punizione?”
Ma io ragiono diversamente e oso:”ma signore, quello è un premio!”
A questo punto uno schiaffo mi ridesta.
La sua mano si è abbattuta per la seconda volta sul mio viso che ora brucia la mia pelle.
“Che bisogno hai di tanto dolore?”
“E arrivare fino al sangue?”
Non so cosa rispondere.
So soltanto che la notte, prima di addormentarmi ho sentito il dovere di soffrire.
Una sofferenza che, crescentemente, da una leggera pressione sui capezzoli, quasi piacevole, è diventata una morsa dolorosa e insanguinata, sotto le mie stesse dita.
E più strizzavo i miei sensi devastandoli, più sentivo di pagare un tributo che è insito nel mio essere.
Dove trovare il coraggio per confessare al mio padrone questa verità sconcertante?
Lui in fondo alle volte sembra volermi proteggere, in primis da me stesso.
Lo guardo e chiedo perdono ancora una volta.
A questo punto le sue dita, che fino ad ora carezzavano i miei capezzoli delicatamente, ora li stringono in una morsa che io non sono riuscito neppure a concepire ieri sera.
I miei capezzoli sembrano esplodere sotto le sue dita.
Il sangue ora scorre veloce anche perché le due ferite sono appena rimarginate e basta poco a riaprirle.
Vorrei gridare per il dolore che mi attanaglia, ma non posso.
Ci mancherebbe pure questo, poi sarei finito!
Il mio padrone, sempre impugnando i miei capezzoli e con le dita macchiate di sangue mi tira a se di peso e penso di svenire per il male che provo.
Mi guarda negli occhi e mi dice:”non provarci mai più!”
Poi mi lascia.
“Lecca via questo sangue schifoso dalle mie dita!” mi ordina.
La mia lingua setosa pulisce il mio stesso sangue ferroso ingoiandolo.
Il mio padrone si alza dal letto e si volta verso di me rabbioso.
”Allora!!!”
“Intendi strisciare ai miei piedi merda? O pensi di stare a letto tutto il giorno?”
Mi tuffo ai suoi piedi e li bacio con amore.
Gli porgo le ciabatte e lo aiuto ad indossarle.
Il mio signore si alza ed è sopra di me grandioso.
La sua mano si avvicina alla mia testa e la accarezza.
Poi inaspettatamente la afferra come se fosse una palla da bowling e la schianta contro il muro a pochi centimetri.
Il botto è furioso e sento tremare la casa.
La testa rimbomba e mi sembra scoppiare dal male.
Il mio signore si interroga ad alta voce:”ma che cazzo hai dentro questa testa di merda?”




Schiavo Luca

martedì 22 novembre 2016

UN OCCHIO DELLA TESTA

Capitolo 24



Ritorniamo in hotel dopo la giornata al mare.
Oggi è l'ultimo giorno del nostro soggiorno e domani si rientra a casa e alla vita di tutti i giorni.
In camera il mio signore, stanco dal sole, si sdraia sul letto e impugna il suo cellulare.
Mi dice:”schiavo, ci pensi tu ai bagagli vero?”
“So che ci tieni tanto a mettere le mie cose belle in ordine.”
Sogghigna e intanto vede che mi abbasso al fondo del letto per sfilargli dai piedi le sue bellissime slip-on che odorano di un sudiciume strano.
Un misto di sudore, sabbia, acqua di mare, salsedine, asfalto e chissà cosa...
Mescolato il tutto, ecco dove appoggiano ora le mie labbra in segno di sottomissione.
Bacio le sue scarpe e le suole che sono rivolte verso di me, poiché il mio padrone è prono.
Le sfilo dai suoi piedi delicatamente e ne aspiro l'umore caldo che ne fuoriesce.
Un profumo inebriante e deciso.
Il maschio che il mio signore bellissimo esprime in ogni sua essenza.
E io me ne cibo, mi nutro di questa malia incantatrice.
Assaporo questa fragranza quasi fosse palpabile.
Un leggero calcio in faccia mi riporta alla realtà.
Il mio padrone infatti mi vuole al lavoro:”schiavo, ti ricordo che domani si parte! Datti da fare!”
Miagolo:”mi perdoni mio signore.”

Inizio a fare le borse.
Trovo in bagno, all'interno di un sacco, gli indumenti usati dal mio padrone.
Lo apro e vengo investito da un'altra ondata di umori virili.
Vorrei segarmi e sborrare con ogni singolo calzino o slip dai quali emana una vitalità inattesa per essere stati chiusi lì dentro.
Ma devo fare ordine, altro che pensare al mio piacere.
Ritorno in camera e mi piovono in faccia le mutande che il mio signore indossava poco prima.
Mi dice:”merda, metti a lavare anche queste, puzzano!”
“Hai visto che bravo...ho fatto centro!”
Ed io:”grazie signore.”
Procedo e mentre lavoro il mio re mi parla:”sai che sul sito ci ha contattato un tipo che ti vuole usare?”
“Finalmente qualcuno ha capito che non ti ho pubblicato per concederti gratis.”
“Deve essere uno coi soldi, perché se ti porto da lui ci dà 200 euro.”
“Anzi...Mi dà 200 euro!”
“Gli è piaciuta un casino la foto in cui ti metto il mio cazzo nell'occhio. Mi chiede se fai pompini così o è un fotomontaggio.”
“Dice che non gli è mai capitato di sfondare un occhio col suo cazzo.”
“Ed è bello grosso dalle foto che mi manda.”
“E ti assicuro che non è un fotomontaggio.”
Sprezzante ribatte:”se la cosa va in porto, penso che avrai un bel problemino da gestire.”
“Ma fortunatamente sarà solo un tuo problemino...”
“Non mi dicevi di aver trovato un collirio miracoloso???”
Se la ride di gusto il mio padrone.
Io invece sono preoccupato, non lo nego.
L'ultima volta di una cosa del genere per un amico del mio signore, mi è costata il distacco parziale dalla retina e non so che altro.
Ma per fortuna poi la cosa si è sistemata praticamente da sola.
Questa volta non so se sarò così fortunato, ma il mio padrone sembra aver già deciso.
Che posso fare se non ubbidire?
Non oso chiedere di vedere le foto del membro mostruoso che dovrò ospitare nell'orbita del mio occhio.
Spero solo ci ripensi o che sia un macabro scherzo del mio signore per prendersi gioco di me.
Passano i minuti e intanto termino i bagagli.
Nel frattempo vibra il telefono tra le mani del mio padrone.
Eccitato, non mi guarda neppure e commenta:”come siamo fortunati, è libero martedì sera!”
“Finite le ferie servo, si torna al lavoro!”
“Occhio a quello che fai!”




Schiavo Luca

lunedì 21 novembre 2016

BUON APPETITO SIGNORE

Capitolo 23



Ora di pranzo e dalla spiaggia, insieme al mio padrone, ci dirigiamo verso il chiosco per mangiare qualcosa.
Io qualche passo indietro per onorare comunque e sempre il mio signore.
Anche se a volte ancora lo anticipo per spianare la sua strada e rendergli le cose più semplici.
Ma mai con l'intento di mancargli di rispetto.
Il mio padrone oggi è generoso col suo piccolo schiavetto e mi dice:”schiavo, oggi ti offro il pasto!”
Mi sento inadeguato a questa sua cortesia e cerco di rifiutare senza offenderlo, perché so che gli fa piacere ed è parte del suo essere signore.
Alla fine, nonostante non meriti questo suo gesto, accetto e lo ringrazio di cuore, con la vana illusione di aver fatto qualcosa di buono per lui in questa vacanza.
Vedendo i tavoli del ristorante, osservo, già seduto, un ragazzo americano che il mio padrone mi aveva fatto notare per il fisico davvero ragguardevole.
Insomma per dirla in poche parole: un “figo” da paura, bello, possente e con un corpo che non passa inosservato.
Così, per ricambiare il favore del mio padrone, ma che comunque sarebbe stato un mio obbligo, sorridendo gli dico:”mio signore, io invece lascio a lei la scelta del tavolo e del suo posto regale.”
“Mi raccomando però, lo individui saggiamente.”
Entrambi sorridiamo per l'intesa...
E non so perché, ma pensare che il mio signore bellissimo possa provare piacere nel vedere altri uomini, mi eccita, invece che ingelosirmi.
Ma che dico!!!
Alle volte mi accorgo di straparlare!!!
È normale, io sono solo il suo schiavo, è ovvio che pensi al suo esclusivo benessere.
In ogni senso, soprattutto in ambito sessuale.
Il mio padrone è un uomo grande e potente e il suo sesso mi è più caro della mia stessa vita.
Io non conto in questo caso, come potrei?
E poter creare io stesso l'opportunità per un'intesa che lo soddisfi, è puro piacere anche per il servo, che in questo caso si piega e sottomette volentieri per il suo signore.
Sediamo al tavolo e il mio padrone è proprio davanti a questo maschio divinamente bello e affascinante.
Io e la compagna che è a pranzo con lui è come se non esistessimo.
E nella mia piccola testa di schiavo penso:”magari anche lei è la sua slave...”
Il mio re intanto ordina per noi e io sorrido al cameriere per ringraziarlo della sua gentilezza.
Il mio padrone è preso da altro, non perde tempo con gli inferiori.
Già con me, a volte, mi rendo conto che faccia fatica.
Ma d'altronde io sono suo e almeno gli offro tutta la mia vita e ogni servizio possibile e impossibile se mi è concesso.
Il mio principe bellissimo intanto si sta gustando la vista...
E mi dice:”che corpo perfetto, con quei bicipiti e le vene, che a fil di pelle tracciano quei disegni sinuosi.”
“Vedi schiavo, quando uno è bello, non servono tatuaggi!”
Ed io:”padrone,lei ha perfettamente ragione.”
E lui:”stranamente poi non ha solo un fisico pauroso, ma ha anche un bel viso.”
Io:”ha ragione, signore, proprio un bel viso.”
Io rubo qualche occhiata verso il ragazzo americano, immagino si senta già abbastanza osservato.
Ma non osservo il suo volto.
Io sono un servo e guardo in basso, non mi è concesso altro.

Sotto il tavolo intravedo le sue infradito e i suoi piedi.
Come le mani sono molto curati con unghie perfette, quasi ritagliate e un abbronzatura che li rende irresistibili.
Sicuramente ha un numero di scarpe basso perché i suoi piedi non sono grandi, inoltre non è alto di statura.
Forse un 41 di piede massimo.
Anche le sue infradito Adidas, in morbida gomma azzurra, leggermente consumate sotto la suola in corrispondenza dell'alluce, sotto il tallone e nel mezzo, fanno proprio pensare a un piede piccolo, minuto, ma molto sexy.
Come è vero che sono un servo nell'anima.
Mentre il mio padrone gode del piacere del suo corpo, io, schiavo da piedi, mi pongo tutte queste domande e non oso alzare lo sguardo da terra.
Arrivano le nostre portate.
Auguro buon appetito al mio re di cui oggi sono suo indegno ospite.
Dovrei infatti mangiare per terra, in una ciotola, invece mi onora permettendomi di stare al tavolo in sua compagnia.
Lui, mi guarda un attimo e dice:”io invece ti augurerò buon appetito stasera quando ti verrò in gola.”
“Preparati, perché intendo scopartela furiosamente e se potessi lo farei ora.”
“Credo tu abbia già capito a chi penserò mentre ti sfonderò”.
“Immagino sia bello anche per te, ogni tanto, sapere da dove viene il seme che ingoi.”
Io, sottovoce, ringrazio il mio signore.




Schiavo Luca

domenica 20 novembre 2016

IL MIO GIORNO FORTUNATO

Capitolo 22



Buongiorno mio signore e padrone.
La mia fedeltà verso lei e in obbligo alle sue esigenze stanno diventando sempre più la mia priorità di vita.
E se fino a ieri, ancora anteponevo alcune mie necessità, oggi mi accorgo che penso non più con la mia testa, ma come se avessi nel cervello i suoi pensieri e le sue richieste.
So infatti, ad esempio, che il mio principe ama il buon cibo e mangiare abbondantemente.
Per cui è mio impegno fargli trovare dei ristoranti e dei pasti che siano all'altezza delle sue aspettative.
Addirittura a volte sono ben felice di rinunciare io stesso a parte del mio piatto, quando il mio signore ha ancora appetito o la sua porzione è più piccola della mia.
Così dopo i primi bocconi, quando lui ha già terminato, gli offro il mio pranzo, guardandolo mangiare.
Ma ciò avviene sempre con felicità, non è un sacrificio rinunciare per lui.
È un dono!
Il dono di me stesso, completamente!
E mi accorgo che più mi dono a lui, più rinuncio per lui, più mi spendo per lui, più arricchisco lui e svilisco me stesso, maggiormente alimento l'amore che mi lega a lui.
Pertanto non sono un povero schiavo, ma quello più ricco e felice al mondo.
È proprio vero che donando, si ottiene mille volte di più di ciò che si possiede.
Ora guardo il mio padrone, che è impegnato in una “chat” con altri uomini per trovarne uno con cui potermi usare a dovere, e lui reagisce dicendomi:”schiavo ora non scocciare che ho da fare!”
“Non vedi che non ho tempo da perdere!”
Gli chiedo perdono, ma vorrei solo poterlo osservare.
In fondo a volte l'amore si ciba davvero di poco.
Il mio re è infastidito, non ama essere guardato e mi getta lontano con disprezzo.
Così metto in ordine le sue cose e non nego un certo piacere nel poter maneggiare i suoi indumenti profumati del suo umore maschile.
Ovviamente il mio intimo risponde a questo richiamo e si bagna di piacere.
Tocco la sua maglietta che sotto ascelle odora leggermente di sudore e mi eccito.
I bermuda e il costume da bagno sanno di quel seme vitale che spesso il mio signore bellissimo riversa nella mia gola.
Ma qui ha impregnato il tessuto e io ne aspiro avidamente l'aroma.
Trovo anche le sue ciabatte da mare, ancora umide e piene di sabbia.
Come vorrei lavarle nel mio stomaco e ridarle a lui come nuove.
Ma ciò non è possibile, posso solo attendere che siano asciutte per poi pulirle.
Infine le sue sneakers slip-on che indossa sempre senza calze e che adoro devotamente.
Sono bellissime e quando le calza gli donano un aspetto sportivo, ma anche elegante.
Sul plantare ormai ospitano una leggera patina indurita di sudore, misto ad acqua di mare, polvere e sabbia.
Vorrei avere una lingua tanto lunga per potervi entrare e leccare quella fanghiglia rappresa.
Scioglierla con la mia saliva e assaporarla nella mia bocca.
Gemo di piacere.
Godo nella testa e nel corpo.
Sento l'odore dei piedi del mio padrone nelle mie narici e non resisto.
Proprio non resisto e mi perdo...
Inizio a masturbarmi nascosto in un angolo del bagno, senza farmi sentire.
I miei gesti sono veloci e rapidi con la mia mano che freme sul mio membro già al limite.
Cerco un piacere clandestino, non autorizzato, ma che è necessario.
Sto quasi per venire, per terra, come una bestia.
Cos'altro sono, se non un animale in confronto al mio re.
Alzo lo sguardo e vedo il mio padrone che si sta godendo la scena.
Il mio signore osserva curioso la mia miseria e il suo volto assume un aspetto sprezzante.
Io tremo...
Il terrore mi assale.
Cosa ho combinato!!!
Adesso so che mi punirà', come minimo!
Me lo dovevo aspettare.
Sono uno stupido, solo uno stupido!
Ma il mio signore ha un sorriso strano questa sera.
Mi guarda e sembra comprendete il mio stato di sottomissione totale.
Mi guarda e ancora si gode la mia pochezza.
Lui non si abbasserebbe mai a masturbarsi, quella è una cosa da sfigati.
E poi il mio padrone ha la mia bocca e il mio culetto per soddisfare i suoi piaceri.
A cosa serve masturbarsi?!?
Poi, prima di lasciare il bagno pietoso mi dice:”che poveraccio che sei!”
“Ma non vedi come sei ridotto!”
“Ti ecciti con il puzzo dei miei piedi? Mi fai pena!”
Ha pietà di me, forse non vuole punirmi questa volta...
Dalla camera la sua voce mi raggiunge:”segati dai, ma veloce perché poi mi serve la tua bocca, devo pisciare!”
Resto senza parole. Oggi è il mio giorno fortunato.
“Grazie signore”, sussurro.
“Faccio in un attimo e sono subito da lei.”




Schiavo Luca

venerdì 18 novembre 2016

PISCIATURO

Capitolo 21



Io e il mio padrone siamo appena rientrati in camera dopo la giornata al mare.
Io mi carico di ogni peso per lasciarlo libero da qualsiasi fastidio.
Ma non appena in stanza lascio ogni cosa per curarmi di lui e per fare in modo che sia comodo.
Questo è il mio primo pensiero.
Mi getto a terra, gli bacio i piedi e gli tolgo le ciabatte da mare, sostituendole subito con quelle da camera.
Poi sistemo le sue cose e attendo un suo comando, qualsiasi esso sia.
Oggi mi dice:”schiavo in ginocchio che devo pisciarti in bocca!”
“Così vediamo se hai davvero imparato il mestiere!”
“L'altro giorno sei stato all'altezza, ma non vorrei fosse soltanto un caso.”
Così non faccio altro che piegarmi davanti a lui e aprire la bocca in attesa.
Il mio signore si avvicina, abbassa il costume ancora umido e scopre la cappella del suo pene, inondando il mio olfatto del suo umore virile, mescolato all'acqua di mare.
E questo odore è tanto pungente da lasciarmi per un secondo interdetto.
Poi so che non posso fare lo schizzinoso e accolgo nella mia bocca il suo membro turgido, ma freddo al confronto col tepore delle mie labbra che lo avvolgono.
E subito mi adopero per far sparire quel miasma disgustoso che infastidisce anche il mio signore.
Mi dice infatti:”che razza di puzza il mio uccello, come cavolo fai a tenerlo in bocca!”
“Sei proprio un cesso, non c'è che dire! Mi fai vomitare!”
Ma poi il mio padrone mi prende la testa e la preme contro il suo pube, facendomi ingoiare tutto il suo pene, che ora spinge sul fondo della mia gola la sua grande cappella.
Sorridendo mi dice:”così almeno non sentiamo più questo tanfo! Pulisci, che poi mi svuoto dentro di te!”
Pochi istanti per il mio lavoro e il glande si trova sulla mia lingua, come se fosse appoggiato su un morbido guanciale
“Seconda bevuta per il mio servo!”
Il mio padrone infatti inizia a prenderci gusto ad avere una latrina sempre a portata di mano.
E il liquido caldo e salato inizia a riempire la mia bocca.
Ormai ho capito cosa devo fare e in breve mi bevo a sorsate tutte le urine del mio padrone.
Certo il gusto è ben accetto dal mio corpo, anche se forse devo ancora migliore l'ingestione.
Ma fortunatamente non esce nemmeno una goccia dalla mia bocca.
Sono orgoglioso di me stesso e ancora più felice della prima volta.
Oggi non sento vergogna o inadeguatezza, ma solo la gioia di essere stato all'altezza del mio compito.
Forse inizio davvero a pensare come uno schiavo, senza più troppe menate.
Solo ed esclusivamente agire in funzione delle necessità del mio signore.
Ciò rende tutto più facile.
Non ci sono se, non ci sono ma, non più domande, ma solo ubbidienza.
Lui mi guarda dall'alto della sua statura ed è soddisfatto.
Questa è davvero la gioia più grande che io possa provare.
“Bene” mi dice, “penso che tu sia pronto!”
“Sappi che quando torneremo in città, intendo usarti tutti i giorni.”
“Sarà la prima cosa che dovrai fare al mio rientro dal lavoro e non avremo tempo da buttare via per le tue stupidaggini.”
“Per cui vedi di imparare bene in questi giorni perché poi ti piscerò in bocca ancora nell'ingresso di casa.”
Sghignazzando mi dice:”e poi non venirmi a dire che non mi prendo cura di te.”
“Anzi ti ho trovato anche un bel soprannome.”
“Da oggi sarai il mio “pisciaturo”: come in passato si definivano i contenitori per raccogliere le urine che venivano usate per tingere i tessuti.”
“Tu invece avrai un compito molto più banale: dovrai solo ingerirle.”
“Non mi sembra una cosa tanto complicata!”
“Penso che questo nome ti si addica, pisciaturo, non trovi?”




Schiavo Luca

giovedì 17 novembre 2016

UN BOCCONE AMARO

Capitolo 20



Sono a letto accanto al mio padrone e lo osservo mentre dorme.
Il sole e il mare stancano facilmente e non ho il coraggio di svegliarlo per dirgli semplicemente che lo amo.
Così lo osservo e taccio.
Prima però, dopo essere rientrati dalla spiaggia, mi diceva che dalla mattina aveva un leggero fastidio tra le dita dei piedi.
Forse il sale marino, oppure il sudore, oppure...chi se ne frega, gli dava fastidio e ciò mi deve bastare!
Sta di fatto che adesso devo darmi da fare per alleviare quel prurito.
Mi ordina:”schiavo, ora devi fare il tuo lavoro, altro che vacanza, lecca, e lecca bene!”
Così sono strisciato sino al fondo del letto e ho cominciato a pulire i piedi del mio signore bellissimo.
E non posso certo negare un certo piacere farsi sentire in mezzo alle mie gambe nude.
Un godimento che però va tenuto nascosto e che non dovrei neppure pensare, ma che è incontrollabile.
I suoi piedi ora sono davanti alla mia bocca e inizio il mio lavoro, prima asportando la sabbia e quei residui di sudiciume ancora incollati sotto la pianta dei piedi e poi mi dedico ad un lavoro più delicato, andando a lenire e sciacquare con la saliva più dolce, il sale rimasto tra le sue delicate falangi.
E l'acqua di mare in effetti ha fatto davvero un gran lavoro perché i piedi del mio padrone mi si presentano molto rovinati e ricoperti da uno strato biancastro di sale, oserei dire salatissimi.
Pensare di ingerire un sapore così terribilmente amaro, sarebbe impensabile per chiunque, ma qui stiamo parlando del mio padrone e il suo comando è perentorio e indiscutibile.
Ora la mia lingua si fa sottile ed entra tra dito e dito irrorando di saliva la pelle secca e arrossata.
Il sale e il sudore hanno davvero irritato la sua epidermide già tanto delicata.
Spero così di addolcire quell'arsura che la spiaggia e il sole hanno provocato ai bellissimi piedi del mio padrone.
La mia bocca nel frattempo, già al lavoro, è impastata di sabbia e sale, tanto che cerco di inghiottire, ma il sapore è così forte da lasciare le mie papille gustative praticamente intossicate.
Non ho il coraggio di chiedere un bicchiere di acqua, anche perché l'umore dei piedi del mio signore deve comunque restare inviolato per uno schiavo.
Ma ciò non di meno, l'operazione resta alquanto complicata.
Il mio padrone legge sul suo tablet e giustamente ignora la mia condizione.
Io in questo momento sono soltanto uno strumento al pari di una piccola spugna umida che deterge i suoi piedi.
Chi si è mai posto dei problemi per una salvietta umidificata!
La si usa e la si getta via.
E così io, ora al servizio del mio signore bellissimo.
Anzi, per ciò che sono, il mio re mi rende onore, dando un senso vitale a ciò che altrimenti, da solo, non varrebbe nulla.
Lecco senza sosta i suoi piedi.
Ora che il primo strato di salsedine è stato rimosso, il lavoro è più semplice e leggero.
La mia lingua scivola agevolmente dal tallone alle dita, con ampie e generose lappate ricche di saliva, che io stesso mi stupisco di riuscire a produrre.
Ma è proprio vero che il corpo umano ha in serbo delle risorse inaspettate.
Lecco e lecco con passione i piedi del mio principe, che ora si sono fatti dolci.
La salsedine terribile di prima, ora è tutta nel mio stomaco.
Ma poco importa ove si trovi.
Ciò che importa è che i piedi del mio signore siano puliti e io abbia adempiuto al suo comando.
Il mio lavoro è terminato, ma non allontano il mio viso.
Resto a pochi centimetri dai suoi piedi, qualora un nuovo comando mi imponesse un altro ordine.
Il mio membro intanto si è sciolto, versando a terra una piccola pozzanghera di sperma che, senza essere visto, dovrò pulire per evitare una giusta punizione.
Mi è stato ordinato di leccare i piedi del mio padrone, non di provare piacere.
Il mio godimento, in quanto servo, no non è previsto!
Ma per ora resto lì, al mio posto.
Chissà se il mio signore bellissimo apprezzerà il mio sforzo?




Schiavo Luca

martedì 15 novembre 2016

IL GIORNO PIÙ BELLO

Capitolo 19



Oggi il mio padrone mi ha reso il servo più felice del mondo.
E ancora adesso mentre scrivo questa memoria, non mi sembra vero ciò che è accaduto.
Siamo in vacanza sull'isola di Cefalonia, una settimana di mare a settembre prima che poi, a casa, ci raggiunga l'autunno e il freddo inverno.
Il mio signore è sereno lo vedo.
È tranquillo mentre si stende al sole a bordo piscina e si perde nei suoi contatti col cellulare o con Facebook.
Io lo osservo e tanto mi basta per essere eccitato continuamente e per inorgoglirmi di essere al suo servizio.
Oggi eravamo soli, poca gente in vacanza, così il mio padrone ha disteso le sue lunghe gambe, parcheggiando le piante dei suoi piedi ancora bagnate dell'acqua della piscina, proprio sulla mia faccia.
E ho goduto di questo gesto, cogliendone il senso più profondo.
Io sono suo e i suoi piedi lo dimostrano appoggiandosi sul mio viso.
Che immagine stupenda e che vita meravigliosa mi porta ad ubbidire al mio principe.
Ho adorato i suoi piedi, li ho baciati, li ho sfiorati con amore, come sempre, come schiavo innamorato, come schiavo consapevole del suo esistere.
Ormai ogni gesto è misurato e logico, pensato solo nell'ottica del mio padrone.
Poi siamo rientrati in camera.
Eravamo in giro da parecchio e il mio signore stava aspettando, forse da troppo, per andare in bagno.
Così mi ha guardato con quello sguardo sadico che a volte scorgo nei suoi occhi e mi ha detto:”adesso ti bevi tutto il mio piscio, ma non col bicchiere, come fai di solito, questa volta voglio proprio pisciare dentro di te, direttamente nel tuo stomaco.”
“Siamo in vacanza e in vacanza ci si diverte, non trovi?”
Alle sue parole mi sono sentito impreparato.
Ero preoccupato più che altro per il timore di combinare qualche guaio, magari rigurgitando tutto, non riuscendo ad ingerire secondo i ritmi del mio signore.
Mi ha fatto inginocchiare nella doccia, come un animale in gabbia e poi ha aperto la patta de pantaloni mostrandomi il suo membro, che si preannunciava attraverso l'odore di maschio tenuto chiuso per troppe ore.
Subito l'ho preso in bocca per pulirlo, come sempre e poi ho atteso immobile.
Il suo umore di maschio dominante ha presto invaso la mia bocca e le narici, facendomi già percepire quel sapore acre di urine misto a sperma che ormai fa parte di me.
Sono fermo, concentrato soltanto sul cazzo del mio signore, cercando di inventarmi un modo per ubbidire ad un comando che pensavo irrealizzabile.
Il mio re intanto mi parla prendendosi gioco di me, con una sorta di pietà per ciò che avrei ingoiato a breve.
Ma quanto sta per consumarsi fa parte del mio destino, solo e soltanto il fine ultimo del mio servire.
Così dopo poco aver ricevuto in bocca il pene del mio padrone, eccolo avvisarmi dicendomi:”preparati che sta arrivando e non voglio sorprese!”
In quel momento, in quel bagno, sembra essersi fermato il mondo.
Tutto è attesa, tutto il mio signore, tutto unicamente nel suo pene, ora dentro di me.
Ecco, la mia bocca pian piano riempirsi di urine tiepide, ma lentamente, dandomi così il tempo di ragionare.
Riesco infatti ad ingoiare senza sforzo il primo sorso generoso, come se fosse la cosa più normale di questo mondo.
E poi la mia bocca, appena svuotata, si riempie ancora e di nuovo mi trovo ad ingerire forzatamente, ma senza fatica il secondo.
Respirare è un lusso tra le varie boccate di piscia, ma il meccanismo sembra funzionare perfettamente.
Riempire, ingoiare, respirare, e ancora riempire, ingoiare e respirare.
Lo stesso ciclo non so dire per quante volte.
Ma il miracolo si sta compiendo in me e nella mia bocca.
Il mio padrone intanto mi parla, come fanno gli uomini tra loro quando sono nei cessi pubblici davanti agli orinatoi, così discorrendo tra loro.
Ed in quel momento io sono al pari di uno di questi.
La mia esistenza è legata e finalizzata unicamente all'ingerire le urine del mio padrone.
Quale differenza tra me ed un orinatoio?
Poi la sua voce, fattasi più dolce mi dice:”vedi che bravo ragazzo, vedi che servi a qualcosa.”
“Dai, ho quasi finito, ancora qualche piccolo sorso e poi mi pulisci.”
In quel momento, un getto più forte, superando la gola aperta, mi ha attraversato, spingendosi fino nello stomaco.
A questo punto tutto è compiuto.
Lui soddisfatto estrae il pene dalla mia bocca facendomelo pulire con la lingua, lasciandolo penzoloni davanti alla mia faccia.
Io sono estasiato, ma anche commosso e teneramente innamorato del mio signore, che in questo momento ha reso possibile un miracolo che era solo nei miei sogni da sempre.
Il mio signore, comprendendo il mio turbamento e la mia docilità,
mi prende la testa con le sue grandi mani, avvicinandola alla sua gamba sinistra.
Resto così immobile accostato a lui, col viso a pochi centimetri da suo pene, come un figlio abbracciato ad un padre che lo ama.
Lui alto, fiero, invincibile.
Io inginocchiato a lui, piccolo, fragile, commosso, con le lacrime a rigarmi il volto e con lo stomaco pieno delle sue urine.
Ma totalmente suo.
Quanti pensieri nella mia piccola testa di schiavo in questi istanti.
Ma su tutti il mio amore per il mio re, che ogni giorno mi trasforma facendomi diventare sempre più bello, utile e felice di esistere.
Quel vivere che fino a ieri mi era sembrato triste e senza senso, ora mi appaga poiché sento di essere il servo più felice della terra.
Grazie mio padrone.
Grazie mio signore.
Grazie mio principe.




Schiavo Luca

lunedì 14 novembre 2016

LO SCHIAVO PESCIOLINO

Capitolo 18



Buongiorno mio principe, mio signore, mio amore a cui dedico questo saluto e la mia vita tutta.
Il mattino lontano dal mio signore è come risvegliarsi nel più terribile dei deserti ove neppure un filo di acqua o una piccola ombra possa difendermi.
Il mio padrone è il mio scudo, il mio riparo e il mio nutrimento.
Senza il mio padrone, il suo schiavo perde qualsiasi significato ed utilità, ritornando ad essere quella polvere da cui lei stesso mi ha fatto emergere.
Ma non voglio stancare il mio re con queste tristi parole, ma renderlo orgoglioso e grande.
Onorare il mio padrone con le mie parole, perché sappia quanto lo ammiro e lo amo.

Quanto lei sia importante ed io piccolo, minuto, insignificante davanti a lei.
Come il mio signore prepotentemente vive la sua vita da uomo, mente il suo schiavetto sopravvive malamente trascinandosi ai suoi piedi.
E mi intenerisce il mio padrone quando, vedendomi la sera con la mia lingua a detergere i suoi piedi, mi dice:”ma non sei ancora stanco del mio sudore?”
Amo il mio signore bellissimo quando ovviamente non capisce il mio stato di servo.
Lo amo ancora di più perché mi fa comprendere quanto sia regale il suo pensiero da non concepire il mio gesto di sottomissione.
E sono davanti ai suoi piedi, a pochi millimetri dalla mia bocca.
Mi siedo a terra e vicini al mio viso, sollevati sopra il pouf e posizionati proprio all'altezza della mia lingua.
Sento il suo odore di maschio che entra nelle mie narici.
È lieve, delicato, mi eccita.
I piedi del mio principe non puzzano mai, anche dopo giorni.
Al massimo si sente il profumo della sua pelle o delle scarpe che ha calzato durante il giorno.
Un aroma che mi riempie il cuore e mi fa sentire vivo.
Io li bacio, li adoro, li sfioro con le mie mani.
Me ne prendo cura con amore e non distolgo mai lo sguardo da essi.
Certe volte però mi perdo a osservare il suo viso, mio principe, ma col solo scopo di vedere il suo compiacimento nel vedermi sottomesso.
Poi, il mio posto è ai suoi piedi.
Non altrove, non avrei senso!
La mia lingua è avida, lo confesso.
La mia lingua si fa sottile per scivolare delicatamente tra un dito e l'altro, dove so che il mio signore gradisce il mio fresco ristoro.
E insisto in quei punti ove sento che si è depositato dello sporco o la sua pelle è secca, per rimuoverla.
Per liberare il suo piede da ciò che è inadatto e indegno.
E mi cibo di questi scarti, di queste piccole pelli del mio signore che sono il mio vizio serale.
Mi sento un po come quei piccoli pesci nelle vasche costretti per sopravvivere a cibarsi della pelle morta dei piedi di quei turisti che per gioco vogliono provare questa insolita esperienza.
Ma se per questi uomini è un piacevole divertimento, un solletico sotto i piedi, per i disperati “pescetti” è la loro vita stessa ad essere in gioco.
Chiusi per sempre in quella vasca a ingoiare la sporcizia dei piedi che in essi verranno immersi.
Ed io cosa sono di diverso per il mio principe?
Non sono forse anche io un piccolo pesciolino che si ciba della pelle e del sudore dei suoi piedi?
Lei, mio re, siede comodamente sul suo divano e immerge i suoi piedi nella mia più delicata premura.
Lei è rilassato e disteso, mentre il suo schiavo si contorce per arrivare con la sua lingua anche in punti difficili da raggiungere.
Ma è il compito dello schiavo questo, non certo un suo problema agevolare il mio lavoro.
Io pulisco i suoi piedi ogni sera e sono felice di sapere che da quando ho cominciato questo servizio lei non ha più reputano necessario lavarli diversamente.
Questo mi onora mio signore, e mi dona una gioia immensa.
Sono io il lavacro del mio padrone.
Grazie mio signore del compito di cui mi reputa degno.




Schiavo Luca

domenica 13 novembre 2016

TUTTO PER IL MIO SIGNORE

Capitolo 17



Buongiorno padrone.
Al mattino è triste il risveglio, quando mi volto e allungo il braccio nella ricerca del suo corpo bellissimo e non la trovo al mio fianco.
Poi mi rendo conto che è ora di alzarsi dal letto e lei è già partito per il lavoro.
Confesso di sentirmi in colpa, gravemente in colpa essendo io, servo, schiavo, ancora a poltrire, mente lei, mio signore e padrone già lontano a lavorare.
E vorrei invertire i nostri ruoli, lavorare per lei, soffrire per lei, stancare il mio corpo fragile per il suo vantaggio.
Per arricchire il mio padrone.
Ma forse vi sarà un modo, tra non molto, quando il mio signore potrà sfruttarmi e farmi consumare da altri uomini per il loro esclusivo piacere.
Il piccolo tesoro da cui attingere quella fortuna che farà ricco il mio padrone.
Ma per ora devo apprendere e imparare.
Non si può vendere ciò che ancora non vale nulla.
La clientela è esigente e non si accontenta di piccoli giochetti.
Vuole il corpo e il sangue da uno schiavo.

Esige tutto da uno servo, senza riserve!
Soprattutto se l'oggetto in questione è un uomo, poiché a maggior ragione deve pagare la colpa che porta dentro essendo gay.
I maschi questo non lo accettano e pretendono di poter essere violenti, crudeli, spietati con chi è diverso.
Ciò che non possono fare quando sono delicati e romantici con le loro compagne, lo devono poter riversare sul malcapitato, pagato apposta per il loro sadico godimento.
Ed io sono uno schiavo e pertanto con me tutto sarà concesso.
Non ci sono limiti o pregiudizi.
I maschi si appagano solo quando il dolore supera livelli disumani.
È questo un piacere tutto maschile, strano, sadico, maniacale, perverso.
Ed io dovrò imparare ad accettare e assimilare nel mio piccolo corpo tutto questo per il mio padrone.
Dovrò accogliere il dolore che mi verrà servito col sorriso e sopportare ancora, anche quando vorrei piangere e implorare pietà.
Che tuttavia non avrò mai da loro!
Signore, prego lei e il mio addestratore, di prepararmi a questo.
Fate di me un oggetto di piacere, una merce di scambio.
Un bene prezioso e desiderabile.
Un mezzo capace di sottostare al vostro piacere e capace di subire in silenzio i soprusi e le torture che mi verranno inflitte.
Mi inchino ai vostri piedi ove depongo la mia vita come offerta sacrificale.




Schiavo Luca


sabato 12 novembre 2016

IL PRESERVATIVO DEL MIO SIGNORE

Capitolo 16



Buongiorno mio signore.
Il suo schiavetto oggi ha nella testa il suo pene e non riesce in nessun modo a pensare ad altro.
Ma credo sia normale, poiché essendo uno schiavo, una sorta di piccola bestiola ammaestrata, ho come unico pensiero il sesso.
E in questo caso il suo, quello del mio principe bellissimo.
Lei è molto buono, mio padrone, nel lasciare che la mia mente si avvicini così tanto alla fonte del suo piacere.
Come la sera, quando sul divano, io le chiedo umilmente se posso avvicinare il mio viso al suo intimo per respirare i suoi umori maschili.
E oso ciò che non dovrei quando sollevando i suoi slip, lascio fuoriuscire il suo membro poderoso e virile.
Poi la osservo e imploro di poterlo tenere al calduccio nella mia bocca.
Come lo desidero ardentemente!
Lei, mio signore bellissimo, è generoso e buono nel concedermi questo vizio.
Così lascio scivolare sulla mia bocca il suo pene assaporando i suoi umori e odori di maschio.
Altri inorridirebbero a questo effluvio, ma io ho imparato a goderne e a desiderare l'odore del mio padrone.
Detergo delicatamente con la lingua la cappella già turgida e grossa del mio signore.
Non è pulita, ma d'altronde cosa pretendo, è mio compito prendermi cura del corpo del mio padrone ingoiando ciò che lui chiama sporcizia, ma che è per me cibo prezioso.
E così quei piccoli residui biancastri che il mio re definisce sorridendo “formaggella”, diventano il mio dopocena, il mio piccolo premio, il mio dolce conforto serale.
Mentre il mio signore si gusta un fresco gelato, io mi godo il suo pene, che scende nella mia bocca acquosa e li trova il suo nido protetto.
È grosso e ogni tanto si erge vigoroso facendosi sentire.
Io ne godo pienamente, poiché significa che sto facendo bene il mio lavoro e sto donando piacere al mio signore.
La mia bocca è grande e lo ospita abbondantemente, ma voglio dare di più al mio padrone e punto il suo cazzo contro la mia gola e lo agevolo a penetrarmi in modo che scenda in me aprendosi lui stesso una strada attraverso le mie morbide carmi.
E mi muovo per farlo impazzire di piacere, ma lentamente, non voglio percorrere un piacere che sarà il mio padrone a gestire secondo il suo gusto.
Io sono solo uno strumento nelle sue mani.
E mentre mi adopero per il suo godimento, sogno.
Mi illudo di essere come un semplice preservativo attorno al suo membro.
Un nulla in verità, un preservativo vivo con le mie fattezze, ma della misura adatta per essere vestito dal suo cazzo.
Un preservativo fatto di pelle leggerissima, ma vivo attorno al suo membro..
Le sue mani mi aprirebbero dall'ano, facendomi penetrare dal suo pene per tutta la mia lunghezza, con dolore e lacerazione.
Mi attraverserebbe tutto in modo da far poggiare la sua cappella comodamente nel mio cervello, come se fosse un cuscino.
Tutto questo con sofferenza da parte mia, ma estremo piacere da parte sua.
Un preservativo vivo da poter indossare tutto il giorno, perché di pelle e carne; non le creerei irritazioni o fastidio.
Solo la sicurezza di un velo protettivo per il suo prezioso membro.
Una sorta di sacchetto ove lasciar cadere qualche goccia di urina se servisse, o sborrare liberamente se provasse un desiderio improvviso davanti a qualche maschio irresistibile.
Ed io pronto ad ingoiare tutto il suo piacere disciolto nel mio corpo come involucro perfetto.
Nettare prezioso per il suo schiavo che ne farà buon uso poiché di esso si nutriranno le sue misere carni.
Il mio signore vestirebbe così il suo servo interamente dalla mattina alla sera, per poi lasciarmi dopo l'uso in una soluzione disinfettante.

La notte mi vedrei impalato sopra ad un legno a sgocciolare per essere pronto il giorno seguente.
Ora il mio sogno mi riporta alla realtà ove la mano del mio padrone preme la mia testa per terminare il pompino che avevo iniziato poco prima.
Bastano pochi colpi ben assestati e la mia gola si riempie di generosi fiotti di sperma tiepido.
Non ne sento neppure il sapore poiché travalicano la gola e sono nel mio stomaco.
Il mio signore è venuto in me.
Estrae il suo membro ancora eccitato e lo pulisce sulla mia lingua pronta all'uso.
Io resto a guardarlo e sogno ancora.
Io piccolo servo e raccoglitore del nobile seme del mio padrone.




Schiavo Luca

venerdì 11 novembre 2016

L'AMORE DOCILE DI UN SERVO

Capitolo 15



Buongiorno mio padrone.
I giorni trascorrono veloci, mentre i miei pensieri sembrano essere fermi e concentrati solo sulla sua figura e sul mio compito di servire il suo piacere.
Così mi trovo silenzioso, solo, nell'ombra, ma con in testa mille pensieri.
Se chiudo gli occhi vedo il mio signore bellissimo.
Se lascio che la mia mente si allontani, ecco sopraggiungere l'immagine sublime delle sue mani che non mi stancherei mai di contemplare.
Ogni angolatura, ogni piega se pur insignificante, ne cambiano l'aspetto e riscopro nei suoi palmi ciò che di più bello e mutevole io conosca.
Come la natura stessa che non si ripropone mai nelle stesse forme, ma si rinnova costantemente in un crogiolo di immagini che lasciano i poeti ammirati e in estasi.
Con gli occhi chiusi mi siedo accanto al mio padrone, ai suoi piedi ovviamente, non certo al suo livello, ma ciò mi basta.
Anzi mi rende felice.
I suoi piedi ed il mio volto, che binomio perfetto.
Poiché chi domina deve far valere il suo potere anche coi gesti, nei simboli.
Ed i suoi piedi sono il simbolo della sua regalità.
Il mio viso il simbolo della mia innocenza e fanciullezza.
Avvicinarli è come tracciare il segno di quel legame che rende vera e palpitante la mia devozione per lei.
Mi tolga ogni cosa mio signore, cancelli il mio essere se è possibile, mi calpesti, mi disprezzi davanti ai suoi pari, ma mi lasci la consolazione di piangere le mie lacrime sui suoi piedi.
Sarà ciò che lascerò di mio per lei.
Non tema la mia supplica e il mio devoto amore.
Lo raccolga mio re, se pur così in basso esso giaccia.
Ma l'amore del suo servo è per sempre.
L'amore del suo servo non teme la corruzione del tempo.
L'amore del suo servo è soltanto per lei.
E per lei e di lei si alimenta e vive ogni giorno.
Grazie mio signore bellissimo di donare al mio cuore la capacità di vivere ancora un amore così travolgente e che temevo di aver perduto per sempre tanto tempo fa.




Schiavo Luca

giovedì 10 novembre 2016

IO SONO LA CASA DEL MIO SIGNORE

Capitolo 14



Buongiorno mio padrone.
Oggi è un nuovo interrogativo che richiama la mia attenzione.
Ed è lei stesso a sottopormi questo quesito come oggetto del mio devoto saluto.
Perché il suo servo sente la necessità di bere le urine del suo principe?
È vero, non posso negarlo, ne sono schiavo, le amo, le desidero come il nettare più prezioso che io possa succhiare.
Mi perdoni padrone, so che non ne sono degno, ma è una forza più grande di me ad indurmi a supplicare la sua generosità nel concedermi questo sostegno.
Ma non è soltanto l'atto specifico di ingoiare il suo piscio, mio re, a rendermi dipendente da lei.
In verità ciò che bramo è tutto il rituale che ad esso si accompagna.
Inginocchiarmi ai suoi piedi, prendere il bicchiere e sfiorare il suo membro per raccogliere il nettare dorato che amo.
Avvicinare le mie labbra e il mio naso per ricevere gli schizzi che piovono sul mio viso.
E bere man mano che il livello sale per non mandarne perduta neppure una goccia.
Poi il bicchiere è pieno e tiepido tra le mie mani.
Il liquido ambrato e profumato mi inebria, mi illumina di un piacere che non so spiegare.
Lei è seduto mentre mi guarda e si interroga.
Mi osserva e forse prova pietà di me, compassione per la mia nullità.
Anche questo mi da piacere: essere schiavo davanti al mio padrone.
Rendere grande il mio signore facendomi piccolo piccolo per lui.
Nutrirmi di ciò che lei getta via!
Poi lei mi comanda:”bevi!”
Così io bevo le sue urine.
Ingoiare ciò che fino a poco prima era nella sua vescica.
Il mio padrone ne è schifato, è comprensibile, lei è un principe, ma allo stesso tempo anche piacevolmente incuriosito.
E io bevo il nettare del mio signore.
Lo bevo piano, sostando più volte, gustandolo. Fino in fondo.
Fino all'ultimo sorso.
Io adoro le sue urine mio principe.
Vorrei averne sempre una bottiglia a disposizione e idratare il mio piccolo corpo di servo solo con esse.
Alle volte lei mi onora anche permettendomi di annusare le macchie giallastre sui suoi slip usati tutto il giorno.
E li preme contro il mio viso con un piacere sadico, tanto che sono convinto che ne sia eccitato lei stesso.
Io ovviamente impazzisco dentro di me di un godimento improvviso.
Ma perché? Perché questa mia dipendenza?
Il perché forse non è poi difficile da comprendere.
Io l'amo e desiderio dentro di me il mio padrone.
La desidero fisicamente nel mio corpo.
E il significato a questo punto diventa evidente.

Quasi come se questo gesto simulasse un atto d'amore.
È lei, mio re ad entrare nelle mie carni.
Il suo nettare inonda il mio stomaco e pian piano viene assorbito dai tessuti e portato in giro per tutto il mio corpo, in ogni mia molecola.
Come potrei non esserne più felice?
Come non desiderare tutto questo sempre, ogni volta che fosse possibile?
In questo gesto non sento umiliazione, ma il dono pieno di me stesso che accetta di accogliere persino le urine del mio signore nel mio corpo.
Forse non riesco a spiegare compiutamente questo concetto al mio signore.
Non è facile trovarsi, se si parte dalla parte opposta del mondo.

Lei è il re, io il più umile dei servi.
Ciò che per lei è solamente piscio, per me è un'essenza vitale.
Io, dopo aver bevuto il suo nettare dorato, mi sento pieno del mio padrone, come se lei fosse realmente e concretamente in me.
Non importa cosa ho dentro di me, ma è parte di lei, e ciò mi basta.
Io sono suo, mio re, le appartengo pienamente.

Ma anche io ho bisogno di essere parte dal mio signore e ciò si concretizza quando generosamente mi concede di bere ciò che per lei è uno scarto.
Le sue urine sostituiscono a volte quel seme, che altrettanto trova casa e protezione nel mio essere.
Il mio corpo è la casa del mio signore e io sono fiero di poterla accogliere in me sempre.




Schiavo Luca


martedì 8 novembre 2016

I CAPEZZOLI DEL SUO SERVO

Capitolo 13




Eccomi al mio signore e padrone.
Anche oggi, come sempre, ma con nel cuore alcuni interrogativi e tanta ansia.
Il mio padrone infatti vuole conoscere l'anima più profonda del suo servo e mi interroga sui motivi che mi portino deliberatamente a farmi squarciare i miei delicati capezzoli dalle sue forti mani.
E il dolore che provo è ben chiaro al mio signore, lui stesso ne è l'artefice o meglio il carnefice.
Lei, mio signore, spreme la mia materia di servo, e sente le mie mani che afferrano le sue forti braccia per trovare il coraggio di sopportare il male che in quel momento sto subendo in silenzio.
Eppure, nonostante la sofferenza fisica sia atroce, io apro la mia maglia e porgo i miei capezzoli al mio padrone con docilità.
Addirittura oso accompagnare le sue dita su quel patibolo di sangue che è il mio petto.
E vorrei poter mentire al mio principe, magari inventando un senso logico, ma sono il suo schiavo ubbidiente e cerco con lei i motivi reali e ciò che mi induce a questo supplizio volontario.
Ormai i miei capezzoli sono sempre sanguinanti e basta poco per aprirli, così il dolore diventa presto folle e intollerabile.
Ma non rinuncio e ancor più mi spingo verso le sue dita per trovare un supplizio sempre più alto.
Un dolore che non abbia fine.
Una ferita che non si rimargini mai.
Il motivo...?
Forse il senso non esiste, oppure è il mio tributo di sangue verso ciò che non sono né potrò mai essere.
Forse è la mia inadeguatezza.
Forse il mio essere sbagliato a priori.
Forse vedere il mio signore così uomo mi spinge ad abbracciare la sofferenza come un martirio per chiedere inconsciamente perdono.
Ma ciò che più conta è il dolore che desidero necessariamente.

Come le sue urine, come le suole delle sue scarpe, come umiliarmi ai suoi piedi.
Tutto ciò è simile e serve inevitabilmente perché io viva fisicamente un dolore carnale.
Il vero perché, è da ricercare lì.
È lì la radice più intima del mio tormento.
Un male che mi divora e cerca di impossessarsi di me, crudelmente, subdolamente.
Così, come ricerco in lei il mio supplizio, alla stessa maniera invoco la protezione del mio signore e principe.
E piango sul suo petto trovando conforto.
Ma questa difesa ha un costo, un tributo da versare a lei, mio padrone.
E penso a quanta rassegnazione mi induca a consegnare a lei la mia fragile vita senza scudi a difendermi.
Così, con tragico abbandono.
Inoltre sento che questa mia assurda perversione provoca in lei un lieto piacere, che cresce voglioso in mezzo alle sue gambe.
Il godimento del mio signore è la priorità della mia vita, pertanto non posso sottrarmi a ciò che lo provoca, anche se ciò è per me doloroso e fonte di sofferenza.
Il suo pene cresce e si esalta della mia sudditanza.
Lo sento, è un piacere sadico il suo, che si completa nel mio dolore masochista.
Sono le due facce della stessa medaglia.
E io sono nudo davanti al mio signore e padrone.
Mi consegno davvero senza riserve al dolore e alle sue mani che amo.
Forse il mio dolore è il tributo che sento di dover pagare per non essere alla sua altezza o perché mi accetti nonostante sia consapevole di essere complicato e inadeguato.
Una sorta di giocattolo rotto che, pur di restare nella camera del suo bambino, è disposto ad essere fatto a pezzi e smembrato.

Ma non può lasciare la stanza dei giocattoli, pena l'essere gettato nella spazzatura.
Signore, perché penetrare così dolorosamente in una profondità tanto oscura quanto è la mia mente?
Perché curarsene?
Lei che è il mio padrone, goda e usi il mio corpo finché potrà?
Perché voler capire ciò che senso non ha?
Io sono suo ora.
E sono pronto ad accettare qualsiasi cosa pur di avere anche solo un piccolo sorriso dal mio principe.
Goda del mio servizio e del mio corpo, la prego.
Mi consumi fisicamente.
Mi addomestichi per il suo piacere.
Mi schiacci a terra sotto i suoi piedi, ed il mio amore per lei sarà sempre più grande.
Mi distrugga mio signore, apra il mio corpo colpevole.
Fortunatamente so che non lo farà mai, perché dentro al suo cuore io riesco a vedere che è capace di provare amore.

E mi illudo: forse un amore più grande del mare.
Chiedo umilmente perdono per la libertà di queste mie tristi parole.


Schiavo Luca

lunedì 7 novembre 2016

NEGLI OCCHI DI UNO SCHIAVO

Capitolo 12




Buongiorno mio signore e padrone.
Oggi sono a lei come una persona nuova, rinata nel corpo e nello spirito.
Sempre che uno schiavo possa essere considerato una persona e non più correttamente assimilabile ad un animale da soma.
Ieri, lei, mio signore, mio principe bellissimo, mia speranza e gioia, ha impresso fortemente nelle carni del suo fragile schiavo, il marchio più indelebile e che mai avrei potuto desiderare.
E non parlo di un marchio a fuoco, come quello che viene bruciato nel mantello delle vacche, e che io stesso dovrei portare impresso nel corpo essendo di sua proprietà, ma di un segno indelebile che rimarrà per sempre nella mia mente e nel mio piccolo cervello di schiavo.
Un simbolo, questo, che porto dentro me stesso, ma che vorrei poter mostrare a tutti ed esserne invidiato.
È così che ieri il mio signore, il mio padrone potente e forte, mi ha voluto carnalmente per assecondare le sue voglie, per godere di quel possesso che in me diventa sua esclusiva proprietà.
E cosa c'è di più bello se non imporre la propria mano e il proprio piede sul terreno di cui si è padroni.
Io questa sensazione non la conosco poiché sono solo un povero servo che nulla possiede se non l'amore che dona a piene mani al suo signore.
Ma impunemente cerco di immaginare ciò che per natura mi è precluso.
E ritorno a ieri, quando lei mi ha preso e mi ha premuto col viso contro il suo sesso già visibilmente eccitato.
I suoi slip, leggermente umidi del suo umore di maschio mi inondano di un aroma che sento penetrare in me non solo dalle narici, ma dai pori stessi della mia pelle, aperti ad aspirarne il più possibile.
Poi la sua mano destra si abbatte sul mio capo, per schiacciare il mio viso ancor più in profondità.
E le sue parole:”annusa, riempiti del tuo padrone, inebriati del suo odore di maschio!”
Ansimavo senza respiro e senza aria, ma ero nel paradiso dei sensi.

Non avrei mai osato spostare il mio naso da quella miniera di effluvi maschili.
Poi le sue dita spostano gli slip e il suo membro esce rapido, grande, voglioso contro la mia faccia, proprio sulla mia bocca.
E il suo scroto, voluminoso, morbido e carnoso riempie le mie piccole mani di schiavo.
Inginocchiato bacio disperatamente senza capire, senza sapere, senza comprendere se sono vivo o in un luogo senza spazio e senza tempo.
Ma poco importa.
È il mio signore bellissimo a riportarmi alla realtà.
Prende il suo cazzo già aperto e lo avvicina al mio occhio.
Cosa sta accadendo?
Cosa ha in mente il mio signore?
Il pollice e l'indice del mio padrone mi sfiorano l'occhio e poi lo aprono forzando leggermente la palpebra che cede delicatamente alla pressione delle sue dita meravigliose.

Un minimo di reazione fa si che le mie palpebre tentino di richiudersi autonomamente a protezione della pupilla.
Ma questo movimento viene subito stroncato da un gesto fermo e deciso delle dita del mio padrone.
Ora il suo pene è a pochi centimetri dal mio occhio.
Il mio signore non parla ora, prende il suo cazzo con la mano e lo affonda nella pupilla aperta che lo accoglie quasi come un dono.
Un dono che dopo poco si trasforma in dolore e sofferenza atroci.
Il membro del mio signore è duro, forte, eccitato, crudele, spietato.
Lo sento premere contro la mia cornea, dovrei temere il peggio, la perdita della vista, ma il mio pensiero è altrove, è su quel membro possente che mi sta ferendo.
Il pene eccitato del mio signore lascia fuoriuscire delle piccole gocce di sperma che allagano il mio occhio e lo fanno bruciare.
Ma non ho il coraggio di allontanare il mio occhio dal suo membro, non potrei comunque, sono imprigionato dalla sua mano e dalla mia volontà di servire.
Il mio compito è dare piacere al mio signore, qualunque esso sia.
Ed anzi, invece di prendere distanza, sono io stesso ad avanzare, accrescendo così il dolore nel mio occhio, o ciò che ne resta.
E il mio padrone sta godendo, lo sento molto bene, distintamente, quasi non servono le sue parole mentre mi dice:”si, bravo schiavo, fatti sfondare dal mio cazzo”.
Ora sono davvero il suo strumento di piacere, null'altro ha importanza.
Lo stesso servizio avviene poi per l'altro occhio, mentre sorridente mi dice:”altrimenti poi si nota che solo uno dei due è rosso di sangue!”
In quel momento e con le sue parole, mi bagno intimamente. Non posso resistere, credo di essere venuto, per la prima volta in vita mia senza neppure toccarmi.
Poi il mio signore, soddisfatto della mia resistenza al dolore, mi accarezza il capo come fossi un cucciolo di cane e mi dice:”forse non è stato sciocco prenderti al mio servizio!”
“Anche tu puoi servire a qualcosa!”
E mentre mi scopa la gola ferocemente, raggiungendo il pieno godimento in un ultimo grugnito di piacere che si completa riempiendo il mio stomaco, sento di amarlo.
Sento che non potrei più vivere senza di lui.
Senza la possibilità di diventare io stesso lo strumento del suo desiderio.
Il mio padrone ora, pago del suo piacere, mi lascia e se ne va.
Mi alzo da terra e cerco tentoni di sedermi al tavolo della cucina.
Non ho il coraggio di guardarmi allo specchio, devo essere impressionante.
Prego di recuperare la vista ora annebbiata e cieca.
Non per me, ma per poter servire ancora il mio signore e poterlo contemplare nella sua bellezza.




Schiavo Luca

domenica 6 novembre 2016

L'ADDESTRATORE

Capitolo 11





Oggi il mio padrone mi ha fatto un grande dono.
Osservo il suo volto e mi domando perché sia così buono con un servo fanciullo che ancora deve imparare tutto.
Eppure il suo pensiero sicuramente nasconde un disegno ben preciso, ma che per il momento non mi è dato sapere nella sua interezza.
Ciò che posso riferire è soltanto quello che mi è stato comunicato, vale a dire che presto ritornerò con lui dal mio addestratore.

La mia mente in questo momento deve fare un salto indietro nel tempo, ma certe cose, ahimè, la memoria non le può certo dimenticare.
Ritornerò così da colui che anni fa, per primo, ha catturato la mia vera natura di schiavo facendola emergere, forgiandomi a divenire ciò che oggi sono: un misero servo.
Lui è un vero Master, un Master che sa e conosce bene la materia di cui io sono solo polvere.
Il mio padrone mi ha messo in contatto con lui mediante Facebook.
Scopro inoltre essere una sua vecchia conoscenza e che tra loro si devono dei favori.

Probabilmente, in questo mondo di uomini superiori, esiste una sorta di filo invisibile che li lega in una sorta di patto segreto.
Per cui so, dalle parole del mio principe, che il mio addestratore, avrà il compito di rimettere ordine i miei pensieri, rendendomi nuovamente pronto per servire le sue esigenze di nuovo padrone.

Un po come avviene con i computer obsoleti, quando devono essere riformattati e programmati.
E per me vale lo stesso, dovrò dimenticare il passato e proiettare la mia misera esistenza solamente sul mio nuovo padrone.
Lui ora mi possiede, ed io devo rispondere alle sue esigenze!
Ma per fare questo c'è bisogno della mano di un professionista.
Così ho scritto al mio maestro.
Non posso chiamarlo diversamente, poiché il mio signore e padrone è colui che già mi domina.
Entrambi sappiamo che la mia sudditanza è ancora acerba come quando, nonostante poi pentirmi, alzo il capo, quasi per rivolta o per far valere dei diritti che non ho mai posseduto.
Scrivo dunque al mio nuovo maestro e mi sottometto mentalmente ad un uomo che ricordo soltanto per le ferite che ancora lacerano la mia memoria.
Ma comunque io sono uno schiavo, pertanto ogni uomo è potenzialmente un mio padrone e mi è facile ubbidire ad un dovere di coscienza.
Scrivo il mio pensiero, ciò che provo per il mio padrone, il mio credo, la mia nullità, nella speranza di trovare una risposta, una guida che mi renda migliore e più servizievole ancora per il mio nuovo proprietario.
Come vorrei riuscire a eliminare i miei pensieri dalla mia testa e pensare con il solo scopo di servire il mio signore bellissimo.
Termino la mail col mio maestro e mi inginocchio davanti al mio re, baciando i suoi piedi.
Che bello poterlo servire e magari diventare per lui qualcosa di più utile.
Poco dopo il mio principe mi chiama a se per leggermi quanto il mio maestro e suo amico gli ha scritto.

E un poco noto una leggera punta di orgoglio nei suoi occhi.
Una luce misteriosa, come di chi sa di aver catturato una preda ambita e la tiene chiusa in gabbia per timore di perderla.
L'addestratore si ricorda bene di me e riferisce che sono un bene raro e prezioso ai tempi d'oggi.
Io invece ero convinto che per un servo innamorato del suo signore il mio atteggiamento fosse normale, ma probabilmente non è così.
Non me ne glorio certo, so che faccio solo il mio dovere.
E per me servire il piacere del mio padrone è esso stesso fonte del mio piacere più intimo.
Presto dunque inizierà il mio nuovo addestramento.
Chissà cosa mi attende.
Intanto guardo il mio signore e penso che non potrei essere più fortunato.




Schiavo Luca

sabato 5 novembre 2016

LA LAVANDA DEI PIEDI

Capitolo 10




Ieri sera il mio padrone mi ha reso partecipe di un nuovo insegnamento.
Ma in fondo, stare sempre insieme a lui è per me scuola di vita.
La più importante e vera!
La vita di un servo ovviamente.
Così, davanti alla televisione, in completo rilassamento, contemplo il mio signore bellissimo e mi sento indegno di essere al suo cospetto.
Lo adoro è vero, sento in me lo stesso innamoramento di quando, ragazzo, sognavo rapporti improbabili con i ragazzi più belli della scuola.
Ma ora tutto ciò è reale e tanto vicino.
Tuttavia non devo mai abbassare la guardia davanti al mio principe.
Pochi cenni e la sua mano mi colpisce il capo dicendo:”smettila di sognare e datti da fare!”
“Ho i piedi accaldati e stanchi e tu non fai nulla!”
“Servo infame, cosa me ne faccio di te se non sei in grado neppure di fare ciò per cui esisti: pezza da piedi!”
Così, con l'ansia di chi sa di essere sbagliato, sono corso via, in bagno, per ritornare con tutto l'occorrente per un pediluvio ristoratore per il mio principe.
Una bacinella con acqua tiepida, un asciugamani, sapone liquido e soprattutto la speranza di assecondare il piacere del mio signore.
Il mio padrone è incuriosito, mi osserva, ma ha già capito il mio intento.
E docilmente allarga le gambe per lasciare spazio al catino e poi lascia che le mie mani accolgano i suoi piedi e li depongano delicatamente nell'acqua.
Un pugno mi colpisce la testa e un poco resto tramortito.
L'acqua è troppo calda accidenti, così corro in cucina e ne porto di più fresca per stemperare il contenuto del catino, ma facendo attenzione a non versarla sui piedi del mio padrone.
Che stupido servo sono, come sono impreparato a volte!
Ma ora tutto sembra perfetto.
Il mio re si distende sul divano e si rilassa.
Appoggia il capo sullo schienale del divano e lascia penzolare le sue mani grandi dal bracciolo.
Che bello il mio signore! Che uomo stupendo! Che mascolinità trasuda dai suoi gesti. Lui non se ne rende conto. Ma io ne sono innamorato perdutamente.
I suoi piedi sono sommersi nell'acqua e io li guardo con amore
Quanto vorrei essere io stesso quell'acqua per accoglierli in me delicatamente e con limpidezza.
Poi mi ridesto dal sogno e inizio ad insaponare le mie mani e poi ad accarezzare i suoi piedi sollevandoli.

Sono caldi, morbidi, voluttuosi, e toccandoli, ricoprendoli di quella candida schiuma, mi sento pervaso di un piacere che diventa palpabile tra le mie cosce.
Il mio membro diventa più grosso e si scioglie in un piccolo lago di piacere che sento inzuppare il mio intimo.
E senza dar segno di turbamento continuo la mia opera lavando i piedi del mio signore.
Sono abbronzati e più scuri del solito, merito delle nostre domeniche al lago.
Li tocco, quasi mi sento un ladro nel servire il mio padrone, perché io per primo ne traggo un piacere immenso.
Lui, inizialmente interessato e incuriosito, ora non mi guarda più e, afferrato il cellulare lo vedo “messaggiare” con le sue dita meravigliose.
E il servo pensa dentro di se che il suo padrone stia parlando con altri suoi pari, descrivendo la scena che si sta consumando ai suoi piedi.

Magari arrivando a prendersi gioco del suo piccolo schiavo giocattolo.
O magari, meglio ancora, proponendo i miei servizi ad un altro master a cui vuole già credermi in cambio di un lauto compenso.
Ma forse è più probabile che mi ceda per pochi centesimi, quanto vale realmente il suo servo.
Ora i piedi del mio padrone sono puliti e profumati.
Li bacio ancora umidi, prima di asciugarli con la salvietta e appoggiarli sulle ciabatte.
Io intanto sono eccitato e il mio pene sta per scoppiare, tanto da intravedersi la sagoma attraverso i braghini.
Il mio signore bellissimo se ne accorge subito.

Come tenere nascosto qualcosa al mio proprietario, e volendomi umiliare fino in fondo, mi comanda di spogliarmi.
Così il mio membro, troppo bello per essere di un servo, si mostra al suo vero padrone.
Il mio signore lo scruta per qualche istante e poi mi guarda in faccia dicendomi sorridendo:”ma non ti vergogni, ti sembra un cazzo adeguato ad uno schiavo da piedi?”
Secondo lui dovrei avere una sorta di piccolo aborto inutile e invece mi ritrovo con un membro di tutto rispetto.
La sua mano grande e forte si insinua tra le mie cosce e afferra i miei testicoli.
Ora davvero il mio bene più prezioso è nelle sue mani.
Ho timore possa avvenire ciò che poco dopo accade realmente e sudo freddo davanti al mio principe.
Il pugno del mio padrone si chiude come una morsa attorno alle mie palle inermi.
Mi sembra di svenire per il dolore, tutto perde consistenza e anche la vista si annebbia.
Ma le mie mani non hanno il coraggio di approcciare una difesa e lascio decidere al mio signore quanto dovrà durare la mia pena.
Ma ancora non cede ed anzi sembra stringere ancora più fortemente.
Io provo a sollevare il viso da terra per incontrare il suo sguardo e implorare pietà.
Ora il mio cazzo è ancora più grande e sgocciola a terra un liquido denso, ma non di piacere.
Poi tutto termina all'improvviso!
Ora il mio signore è stanco, lo vedo.
Il dolore mi impone gesti lenti e misurati.
Così mi avvicino e accarezzo la sua fronte sudata con una tenerezza materna.
Lui mi osserva, sogghigna divertito e mi dice:”vattene sguattera e pulisci tutto questo casino!”
Io mi ritiro un poco turbato e inizio a rassettare.
Ma dentro al cuore sento di essere davvero felice perché ho dato un piacere nuovo al mio padrone.




Schiavo Luca