mercoledì 2 novembre 2016

IL NETTARE PREZIOSO DEL MIO PRINCIPE

Capitolo 7




Buongiorno mio bellissimo signore e padrone.
Che bello iniziare la giornata, sapendo che le mie parole, i miei pensieri e le mie idee hanno un legittimo proprietario.
Il mio re appunto!
E pensando a lei, alla sua figura che pervade i miei sensi, mi rendo conto davvero di quanto sia generoso e munifico verso il suo piccolo e fragile servo.
La adoro è vero, vivo per il suo piacere e il suo benessere e poco chiedo al mio signore, che peraltro non è tenuto a darmi nulla.
Poiché io stesso sono il nulla.
Come si potrebbe infatti fare anche solo un piccolo dono al nulla?
È impossibile, come baciare il vento o gustare un frutto acerbo.
Ecco, io sono come un frutto acerbo e il mio signore lo sa bene perché ha verso il suo schiavo delle premure inusitate ad un principe.
Così, come ieri, quando il mio padrone mi vizia e mi dona ciò che più bramo.
E lo fa con una grazia inattesa, che mi lascia senza parole e mi illumina il volto.
Il mio re infatti sa bene quanto il suo schiavetto sia goloso delle sue preziose urine, ma altrettanto è consapevole che deve dosarmele con cautela, perché io mi nutrirei solo dei suoi prodotti di scarto a costo della mia stessa vita.
E ieri è avvenuto proprio questo.
Dopo il nostro piccolo rito di sottomissione al momento del suo arrivo, lei, mio sommo bene, si è ritirato in bagno, ma lasciandomi intendere che forse poteva esserci un piccolo premio tutto per me.
Così ho visto comparire il calice nel quale abitualmente raccoglie il suo nettare prezioso e poco dopo ecco sgorgare dal suo nobilissimo pene quel fiotto dorato a cui non so resistere.
E mi avvicino lentamente, in ginocchio ovviamente, e accosto il mio naso per gustare l'aroma che si sprigiona attorno a quella fonte.
Sciolgo le sue mani dalla presa del bicchiere, che pian piano si riempie, perché non è compito di un signore raccogliere le proprie urine.
È un lavoro da schiavo ed io esisto per questo e per il mio signore bellissimo.
Ecco che ancora il mio padrone svuota la sua vescica davanti a me e tristemente penso: perché non sono in grado di servire il mio padrone come altri schiavi che, al pari degli orinatoi, ingoiano senza problemi il getto di urina direttamente nel loro stomaco?
Ed invece io mi devo servire di un bicchiere, col rischio di sporcare il mio signore.
Quanto vorrei che il mio padrone, abbassasse le braghe, estraesse il suo membro gonfio e turgido e mi urinasse dentro, magari toccando la mia testa, magari prendendosi gioco di me.
E poi si pulisse la cappella sul mio viso, nell'incavo dei miei occhi.
Ma questi sono solo sogni, nulla più.
Invece ora ho tra le mani il mio siero di vita, abbondante e caldo.
E vorrei ingollarlo tutto d'un fiato, anche se poi finirebbe subito.
Invece lo osservo controluce cercando dei filamenti di sperma.

Tutto è vita in quel bicchiere.
Alla fine lo bevo a brevi tratti gustando quel sapore acre, dolciastro, ruvido, leggermente acido e che brucia la mia gola.
Ma è il nettare del mio principe.
La bevanda più preziosa che esista.
E ne vorrei ancora, non me ne sazierei mai.
Il mio signore mi accarezza la testa con compassione, lo vedo, quasi pensasse: ma come fa a fare questo, come può un uomo abbassarsi così tanto.
Lo vedo mio re, questo è il suo pensiero.

E un poco mi lascio trascinare dalla sua pietà.
Ed io, miserabile quale sono, oso alzare il viso verso i suoi occhi.
Mentre il nostro sguardo si incrocia, entrambi rispondiamo al nostro interrogativo.
Io pronunciando la parola:”mio principe”.

Lei, verso me, chiamandomi:”schiavo.”
Grazie mio padrone.
Grazie di questa vita che mi dona ogni giorno facendomi suo.




Schiavo Luca

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