Capitolo
7
Buongiorno
mio bellissimo signore e padrone.
Che bello iniziare la giornata,
sapendo che le mie parole, i miei pensieri e le mie idee hanno un
legittimo proprietario.
Il mio re appunto!
E pensando a lei,
alla sua figura che pervade i miei sensi, mi rendo conto davvero di
quanto sia generoso e munifico verso il suo piccolo e fragile
servo.
La adoro è vero, vivo per il suo piacere e il suo
benessere e poco chiedo al mio signore, che peraltro non è tenuto a
darmi nulla.
Poiché io stesso sono il nulla.
Come si potrebbe
infatti fare anche solo un piccolo dono al nulla?
È impossibile,
come baciare il vento o gustare un frutto acerbo.
Ecco, io sono
come un frutto acerbo e il mio signore lo sa bene perché ha verso il
suo schiavo delle premure inusitate ad un principe.
Così, come
ieri, quando il mio padrone mi vizia e mi dona ciò che più bramo.
E
lo fa con una grazia inattesa, che mi lascia senza parole e mi
illumina il volto.
Il mio re infatti sa bene quanto il suo
schiavetto sia goloso delle sue preziose urine, ma altrettanto è
consapevole che deve dosarmele con cautela, perché io mi nutrirei
solo dei suoi prodotti di scarto a costo della mia stessa vita.
E
ieri è avvenuto proprio questo.
Dopo il nostro piccolo rito di
sottomissione al momento del suo arrivo, lei, mio sommo bene, si è
ritirato in bagno, ma lasciandomi intendere che forse poteva esserci
un piccolo premio tutto per me.
Così ho visto comparire il calice
nel quale abitualmente raccoglie il suo nettare prezioso e poco dopo
ecco sgorgare dal suo nobilissimo pene quel fiotto dorato a cui non
so resistere.
E mi avvicino lentamente, in ginocchio ovviamente, e
accosto il mio naso per gustare l'aroma che si sprigiona attorno a
quella fonte.
Sciolgo le sue mani dalla presa del bicchiere, che
pian piano si riempie, perché non è compito di un signore
raccogliere le proprie urine.
È un lavoro da schiavo ed io esisto
per questo e per il mio signore bellissimo.
Ecco che ancora il mio
padrone svuota la sua vescica davanti a me e tristemente penso:
perché non sono in grado di servire il mio padrone come altri
schiavi che, al pari degli orinatoi, ingoiano senza problemi il getto
di urina direttamente nel loro stomaco?
Ed invece io mi devo
servire di un bicchiere, col rischio di sporcare il mio
signore.
Quanto vorrei che il mio padrone, abbassasse le braghe,
estraesse il suo membro gonfio e turgido e mi urinasse dentro, magari
toccando la mia testa, magari prendendosi gioco di me.
E poi si
pulisse la cappella sul mio viso, nell'incavo dei miei occhi.
Ma
questi sono solo sogni, nulla più.
Invece ora ho tra le mani il
mio siero di vita, abbondante e caldo.
E vorrei ingollarlo tutto
d'un fiato, anche se poi finirebbe subito.
Invece lo osservo
controluce cercando dei filamenti di sperma.
Tutto
è vita in quel bicchiere.
Alla fine lo bevo a brevi tratti
gustando quel sapore acre, dolciastro, ruvido, leggermente acido e
che brucia la mia gola.
Ma è il nettare del mio principe.
La
bevanda più preziosa che esista.
E ne vorrei ancora, non me ne
sazierei mai.
Il mio signore mi accarezza la testa con
compassione, lo vedo, quasi pensasse: ma come fa a fare questo, come
può un uomo abbassarsi così tanto.
Lo vedo mio re, questo è il
suo pensiero.
E
un poco mi lascio trascinare dalla sua pietà.
Ed io, miserabile
quale sono, oso alzare il viso verso i suoi occhi.
Mentre il
nostro sguardo si incrocia, entrambi rispondiamo al nostro
interrogativo.
Io pronunciando la parola:”mio principe”.
Lei,
verso me, chiamandomi:”schiavo.”
Grazie mio padrone.
Grazie
di questa vita che mi dona ogni giorno facendomi suo.
Schiavo
Luca
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