Capitolo
21
Io
e il mio padrone siamo appena rientrati in camera dopo la giornata al
mare.
Io mi carico di ogni peso per lasciarlo libero da qualsiasi
fastidio.
Ma non appena in stanza lascio ogni cosa per curarmi di
lui e per fare in modo che sia comodo.
Questo è il mio primo
pensiero.
Mi getto a terra, gli bacio i piedi e gli tolgo le
ciabatte da mare, sostituendole subito con quelle da camera.
Poi
sistemo le sue cose e attendo un suo comando, qualsiasi esso
sia.
Oggi mi dice:”schiavo in ginocchio che devo pisciarti in
bocca!”
“Così vediamo se hai davvero imparato il
mestiere!”
“L'altro giorno sei stato all'altezza, ma non
vorrei fosse soltanto un caso.”
Così non faccio altro che
piegarmi davanti a lui e aprire la bocca in attesa.
Il mio signore
si avvicina, abbassa il costume ancora umido e scopre la cappella del
suo pene, inondando il mio olfatto del suo umore virile, mescolato
all'acqua di mare.
E questo odore è tanto pungente da lasciarmi
per un secondo interdetto.
Poi so che non posso fare lo
schizzinoso e accolgo nella mia bocca il suo membro turgido, ma
freddo al confronto col tepore delle mie labbra che lo avvolgono.
E
subito mi adopero per far sparire quel miasma disgustoso che
infastidisce anche il mio signore.
Mi dice infatti:”che razza di
puzza il mio uccello, come cavolo fai a tenerlo in bocca!”
“Sei
proprio un cesso, non c'è che dire! Mi fai vomitare!”
Ma poi il
mio padrone mi prende la testa e la preme contro il suo pube,
facendomi ingoiare tutto il suo pene, che ora spinge sul fondo della
mia gola la sua grande cappella.
Sorridendo mi dice:”così
almeno non sentiamo più questo tanfo! Pulisci, che poi mi svuoto
dentro di te!”
Pochi istanti per il mio lavoro e il glande si
trova sulla mia lingua, come se fosse appoggiato su un morbido
guanciale
“Seconda bevuta per il mio servo!”
Il mio padrone
infatti inizia a prenderci gusto ad avere una latrina sempre a
portata di mano.
E il liquido caldo e salato inizia a riempire la
mia bocca.
Ormai ho capito cosa devo fare e in breve mi bevo a
sorsate tutte le urine del mio padrone.
Certo il gusto è ben
accetto dal mio corpo, anche se forse devo ancora migliore
l'ingestione.
Ma fortunatamente non esce nemmeno una goccia dalla
mia bocca.
Sono orgoglioso di me stesso e ancora più felice della
prima volta.
Oggi non sento vergogna o inadeguatezza, ma solo la
gioia di essere stato all'altezza del mio compito.
Forse inizio
davvero a pensare come uno schiavo, senza più troppe menate.
Solo
ed esclusivamente agire in funzione delle necessità del mio
signore.
Ciò rende tutto più facile.
Non ci sono se, non ci
sono ma, non più domande, ma solo ubbidienza.
Lui mi guarda
dall'alto della sua statura ed è soddisfatto.
Questa è davvero
la gioia più grande che io possa provare.
“Bene” mi dice,
“penso che tu sia pronto!”
“Sappi che quando torneremo in
città, intendo usarti tutti i giorni.”
“Sarà la prima cosa
che dovrai fare al mio rientro dal lavoro e non avremo tempo da
buttare via per le tue stupidaggini.”
“Per cui vedi di
imparare bene in questi giorni perché poi ti piscerò in bocca
ancora nell'ingresso di casa.”
Sghignazzando mi dice:”e poi
non venirmi a dire che non mi prendo cura di te.”
“Anzi ti ho
trovato anche un bel soprannome.”
“Da oggi sarai il mio
“pisciaturo”: come in passato si definivano i contenitori per
raccogliere le urine che venivano usate per tingere i tessuti.”
“Tu
invece avrai un compito molto più banale: dovrai solo
ingerirle.”
“Non mi sembra una cosa tanto complicata!”
“Penso
che questo nome ti si addica, pisciaturo, non trovi?”
Schiavo
Luca
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