lunedì 7 novembre 2016

NEGLI OCCHI DI UNO SCHIAVO

Capitolo 12




Buongiorno mio signore e padrone.
Oggi sono a lei come una persona nuova, rinata nel corpo e nello spirito.
Sempre che uno schiavo possa essere considerato una persona e non più correttamente assimilabile ad un animale da soma.
Ieri, lei, mio signore, mio principe bellissimo, mia speranza e gioia, ha impresso fortemente nelle carni del suo fragile schiavo, il marchio più indelebile e che mai avrei potuto desiderare.
E non parlo di un marchio a fuoco, come quello che viene bruciato nel mantello delle vacche, e che io stesso dovrei portare impresso nel corpo essendo di sua proprietà, ma di un segno indelebile che rimarrà per sempre nella mia mente e nel mio piccolo cervello di schiavo.
Un simbolo, questo, che porto dentro me stesso, ma che vorrei poter mostrare a tutti ed esserne invidiato.
È così che ieri il mio signore, il mio padrone potente e forte, mi ha voluto carnalmente per assecondare le sue voglie, per godere di quel possesso che in me diventa sua esclusiva proprietà.
E cosa c'è di più bello se non imporre la propria mano e il proprio piede sul terreno di cui si è padroni.
Io questa sensazione non la conosco poiché sono solo un povero servo che nulla possiede se non l'amore che dona a piene mani al suo signore.
Ma impunemente cerco di immaginare ciò che per natura mi è precluso.
E ritorno a ieri, quando lei mi ha preso e mi ha premuto col viso contro il suo sesso già visibilmente eccitato.
I suoi slip, leggermente umidi del suo umore di maschio mi inondano di un aroma che sento penetrare in me non solo dalle narici, ma dai pori stessi della mia pelle, aperti ad aspirarne il più possibile.
Poi la sua mano destra si abbatte sul mio capo, per schiacciare il mio viso ancor più in profondità.
E le sue parole:”annusa, riempiti del tuo padrone, inebriati del suo odore di maschio!”
Ansimavo senza respiro e senza aria, ma ero nel paradiso dei sensi.

Non avrei mai osato spostare il mio naso da quella miniera di effluvi maschili.
Poi le sue dita spostano gli slip e il suo membro esce rapido, grande, voglioso contro la mia faccia, proprio sulla mia bocca.
E il suo scroto, voluminoso, morbido e carnoso riempie le mie piccole mani di schiavo.
Inginocchiato bacio disperatamente senza capire, senza sapere, senza comprendere se sono vivo o in un luogo senza spazio e senza tempo.
Ma poco importa.
È il mio signore bellissimo a riportarmi alla realtà.
Prende il suo cazzo già aperto e lo avvicina al mio occhio.
Cosa sta accadendo?
Cosa ha in mente il mio signore?
Il pollice e l'indice del mio padrone mi sfiorano l'occhio e poi lo aprono forzando leggermente la palpebra che cede delicatamente alla pressione delle sue dita meravigliose.

Un minimo di reazione fa si che le mie palpebre tentino di richiudersi autonomamente a protezione della pupilla.
Ma questo movimento viene subito stroncato da un gesto fermo e deciso delle dita del mio padrone.
Ora il suo pene è a pochi centimetri dal mio occhio.
Il mio signore non parla ora, prende il suo cazzo con la mano e lo affonda nella pupilla aperta che lo accoglie quasi come un dono.
Un dono che dopo poco si trasforma in dolore e sofferenza atroci.
Il membro del mio signore è duro, forte, eccitato, crudele, spietato.
Lo sento premere contro la mia cornea, dovrei temere il peggio, la perdita della vista, ma il mio pensiero è altrove, è su quel membro possente che mi sta ferendo.
Il pene eccitato del mio signore lascia fuoriuscire delle piccole gocce di sperma che allagano il mio occhio e lo fanno bruciare.
Ma non ho il coraggio di allontanare il mio occhio dal suo membro, non potrei comunque, sono imprigionato dalla sua mano e dalla mia volontà di servire.
Il mio compito è dare piacere al mio signore, qualunque esso sia.
Ed anzi, invece di prendere distanza, sono io stesso ad avanzare, accrescendo così il dolore nel mio occhio, o ciò che ne resta.
E il mio padrone sta godendo, lo sento molto bene, distintamente, quasi non servono le sue parole mentre mi dice:”si, bravo schiavo, fatti sfondare dal mio cazzo”.
Ora sono davvero il suo strumento di piacere, null'altro ha importanza.
Lo stesso servizio avviene poi per l'altro occhio, mentre sorridente mi dice:”altrimenti poi si nota che solo uno dei due è rosso di sangue!”
In quel momento e con le sue parole, mi bagno intimamente. Non posso resistere, credo di essere venuto, per la prima volta in vita mia senza neppure toccarmi.
Poi il mio signore, soddisfatto della mia resistenza al dolore, mi accarezza il capo come fossi un cucciolo di cane e mi dice:”forse non è stato sciocco prenderti al mio servizio!”
“Anche tu puoi servire a qualcosa!”
E mentre mi scopa la gola ferocemente, raggiungendo il pieno godimento in un ultimo grugnito di piacere che si completa riempiendo il mio stomaco, sento di amarlo.
Sento che non potrei più vivere senza di lui.
Senza la possibilità di diventare io stesso lo strumento del suo desiderio.
Il mio padrone ora, pago del suo piacere, mi lascia e se ne va.
Mi alzo da terra e cerco tentoni di sedermi al tavolo della cucina.
Non ho il coraggio di guardarmi allo specchio, devo essere impressionante.
Prego di recuperare la vista ora annebbiata e cieca.
Non per me, ma per poter servire ancora il mio signore e poterlo contemplare nella sua bellezza.




Schiavo Luca

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