sabato 3 dicembre 2016

IN PALESTRA

Capitolo 29



Il mio padrone è nervoso oggi, mentre io cerco di capire cosa stia succedendo.
Ma sono solo un povero servo e ovviamente non m'è dato capire cose così importanti.
Il mio signore è alterato.
Telefona, aggredisce chi risponde.
Capisco tuttavia che c'è un problema sul lavoro, nella palestra di sua proprietà, qualcosa di grosso e da risolvere rapidamente.
Così, in relazione al mio ruolo di schiavo, mi avvicino ai suoi piedi. Piccolo come sono, neanche al pari di una sua scarpa, prendo coraggio e mi propongo:”mio signore, cosa accade? Posso forse esserle utile?”
Al ché il mio padrone si volta e abbassa lo sguardo a terra per capire chi lo chiama.
E nel momento stesso in cui mi vede, mi sferra un calcio potente con le sue scarpe eleganti a coda di rondine, così forte da schiantarmi contro la parete, spiaccicato come una gelatina.
E mi rimbrotta:”ma che cazzo vuoi fare, schiavo di merda?”
“Non vedi che non vali niente?”
“Sei miserabile e piccolo come un giocattolo!”
“Vattene dalla mia vista prima che mi incazzi sul serio!”
Striscio sul pavimento per allontanarmi silenziosamente e per scomparire dalla sua vista.
Credo di aver già fatto troppi guai.
Nel silenzio sento il mio signore al telefono:”forse ho risolto il problema, arrivo tra poco, tu non toccare nulla.”
E cerco ancora di allontanarmi, ma mi accorgo che i miei movimenti sono bloccati.
Qualcosa sopra il mio piccolo corpo mi tiene premuto a terra.
L'ombra che mi sovrasta è ben più ampia di me e pesa sul mio esserino.
Solo ora capisco che giaccio sotto la suola della scarpa del mio padrone, che nel frattempo mi schiaccia al suolo.
La riconosco poiché l'ho pulita più volte con la mia lingua e so bene come è fatta, soprattutto ora che mi sta spremendo a terra.
Il mio padrone mi parla:”schiavo, forse qualcosa di utile puoi farla davvero per me.”
“Preparati perché vieni con me in palestra.”
“Ma non per allenarti, stai tranquillo.”
“Ho in mente per te qualcosa di più eccitante.”
Salgo sulla sua Audi Q5 nuovissima e mi arrampico fino a trovare un piccolo spazio nel posacenere.
Da questa posizione ammiro devotamente il mio signore bellissimo che, al posto di guida, già sta accelerando nel traffico, rendendo difficile la mia presa.
Intanto mi parla in tono più cordiale, ma sempre deciso e risoluto.
“Schiavo”, afferrandomi con la sua grande mano quasi fossi di pezza, “mi sembra di ricordare che sai nuotare molto bene, non è vero?”
Ed io: “certamente mio signore.”
“Ecco vedi, in palestra abbiamo un problema, si sono otturate le docce degli spogliatoi maschili e si è creato un piccolo lago.”
“Tra poche ore arriva la nazionale di rugby che ha prenotato i locali per fare allenamento prima della partita e tutto deve essere a posto, non so se mi spiego.”

Io: “capisco mio signore”.
Continua: “Lo spogliatoio ora è allagato e l'idraulico è in ferie.”
“Ed io ovviamente non posso permettermi di fare brutta figura e soprattutto perdere del denaro.”
Io mi bevo tutto quello che dice.
È il mio vangelo, è la sola verità a cui io possa prestare fede.
È il mio padrone: lui comanda, io ubbidisco.
Continua:”schiavo, appena arriviamo in palestra, ti spogli nudo e ti calo nell'acqua stagnante delle docce fin dentro il sifone.”
“Probabilmente è intasato da qualche cretino che avrà buttato giù qualcosa.”
“Non è la prima volta, cazzo!”
“Tu devi rimuoverla, assolutamente!”
“E soprattutto velocemente!”
“Non ammetto errori, sei piccolo e sai nuotare per cui non puoi e non devi sbagliare.”
Questa missione mi ricorda le imprese impossibili di 007.
Forse il mio padrone non ha pensato che se dovessi riuscire a sgorgare il tubo, potrei rischiare di morire risucchiato dalle acque.
Provo ad accennare timidamente il mio dubbio al mio signore, ma subito vengo investito da una sequela di insulti.
“Schiavo del cazzo!” Mi urla rabbioso:“cosa me ne frega se hai paura di annegare!”
“Ti ho detto che ti terrò legato!”
“Non farmi ripetere le cose due volte, non sei stupido!”
“E soprattutto non mi fare incazzare che questa mattina è già comunicata male.”
Taccio e mi arrovello circa quello che mi aspetta.
Arrivati in palestra, la segreteria, ovviamente invaghita del mio padrone, lo accoglie come se avesse visto il Messia.
La odio, brutta puttanella, ma non posso dire nulla e lascio che ci guidi per i corridoi verso il luogo del delitto.
In effetti le docce degli spogliatoi sono allagate.
Ci sarà almeno una spanna di acqua e, ovviamente, la poltiglia nella quale mi dovrò tuffare è un liquame puzzolente in cui galleggia ogni miasma più fetido.
I maschi della palestra infatti hanno continuato ad usare le docce nonostante fossero già intasate.
Il mio padrone spiega il suo piano alla segreteria che, con occhi illuminati cinguetta:”ma è un'idea stupenda! È perfetto! Lei ci salverà!”
Intanto il mio padrone mi lancia un'occhiata che parla da sola:”spogliati e buttati in acqua!”
Ubbidisco e mi trovo a galleggiare in un liquido tiepido, corrotto, sudicio, gelatinoso a tratti.
Tra capelli e peli, schiuma che forma degli isolotti e altro che non oso immaginare, mi avvicino nuotando al centro della stanza, dove il mio signore mi indica esserci lo scarico.
La segreteria nel frattempo ha rimediato uno spago che il mio padrone mi lancia comandandomi di legarlo in vita bello stretto perché poi, se dovessi riuscire nella mia impresa, la corrente nel sifone sarà molto forte in confronto alla mia piccolezza.

Pertanto sarà lui a tirarmi fuori per mezzo della corda.
Più di così la mia vita non potrebbe essere nelle sue mani.
Ho il cuore che mi batte all'impazzata.
Non ho idea di cosa troverò nel sifone e se avrò aria a sufficienza.
Il mio padrone intanto da bordo vasca mi grida di darmi da fare e di inabissarmi nella fogna.
Il tempo stringe.
Lui certamente non mi aiuta, né tanto meno pensa ad entrare nell'acqua per calarmi più da vicino e rendere più sicuro il mio lavoro.
Ma è ovvio, chi vorrebbe entrare in quella porcheria?
È sufficiente che ci nuoti lo schiavo, poi, se sopravviverà tanto meglio, altrimenti...la cosa importante è liberare la condotta.
“Insomma ti muovi!”
“Che aspetti ancora! Muoviti!!!”
Prendo un respiro profondo e scendo a candela verso il basso.
L'acqua è torbida, non si vede nulla.
Dopo poco tocco il pavimento e trovo la grata che porta nel sifone.
Tutto bloccato, non si muove un filo d'acqua.
Ritorno in superficie per riprendere fiato e inabissarmi nuovamente.
Mi sento puzzare da vomito, ma non è questo il momento di fare gli schizzinosi.
Arrivato alla grata, la supero infilandomi in uno spazio attraverso delle lamiere già contorte e sono nel sifone.
Qui è tutto nero, tocco le pareti che sono gelatinose, forse il sapone, forse altro...
Al centro un bastone scende verso il basso ed è coperto di peli, certamente quelli dei maschi che frequentano la palestra.
Un piede mi resta intrappolato in un anello metallico, ma questo non può essere la causa dell'ostruzione.
L'aria sta terminando, devo risalire e rapidamente.
Il mio padrone vedendomi riemergere chiede subito se ho risolto.
Non ha importanza se sto male o se ho bisogno di aiuto.
Nella sua mente esiste solo: deve farcela!
Lo schiavo deve farcela!
Cerco di spiegare cosa ho visto, ma il padrone mi interrompe bruscamente:”non me ne frega un cazzo di cosa c'è in quella merda di sifone, voglio che lo liberi!”
“E subito!”
“Vado mio signore, vado subito, mi perdoni.”
Mi immergo per la terza volta.
Ormai la strada è chiara.
Arrivato da basso, mi accorgo che sul fondo del sifone c'è uno strano strato di plastica appiccicosa.
Sollevandone un lembo, ecco che l'acqua inizia a defluire rapidamente.
Ho capito!

Ecco cosa ostruisce lo scarico.
Mi fermo un attimo e penso: nel momento in cui solleverò tutto questo strato, l'acqua mi travolgerà e solo la corda a cui sono legato mi potrà salvare.
Penso al mio padrone e so che c'è la sua mano all'altra estremità.
Ciò mi da coraggio o la rassegnazione di morire per lui.
Sollevo con tutte le mie forze la plastica e un vortice inizia a roteare nel sifone.
L'acqua scorre veloce e io vengo aspirato verso il basso.
Un fiume melmoso mi sta uccidendo e il mio corpicino va a fondo schiacciato dalla pressione.
Stringo tra le mani la plastica che ostruiva per far si che l'acqua scorra via ed il mio signore si accorga del gorgo in superficie, perché è ora di estrarmi da quel pozzo di morte.
E spero, e prego il mio signore che faccia questo miracolo.
L'acqua intanto mi sommerge ed inizio a bere, annego e sono sbattuto nel sifone come se fossi in un frullatore.
Poi non ricordo più nulla se non il mio risveglio sul pavimento dello spogliatoio.
Il mio padrone, possente e bellissimo, mi sta schiacciando il ventre gonfio sotto il suo piede per farmi vomitare la poltiglia che ho ingerito.
Tossisco e sputo acqua, respiro a fatica, ma forse sono vivo.
Vedere il mio signore bellissimo mi ridà il sorriso perché significa che sono riuscito nella mia impresa.
Il mio padrone libera il mio corpo da sotto la suola della sua scarpa e dall'alto mi osserva e mi dice:”hai visto che ce l'hai fatta?”
“Lo sapevo che per certi lavori sporchi ci vogliono i tipi come te! Se non fosse che sei lurido ti stringerei la mano.”
“Ma sei sporco da fare schifo.”
La segreteria, inebetita dal potere ammaliatore del mio signore, lo osserva ammirata e gli sussurra:”se non fosse stato per lei, avremmo passato un bel guaio con la squadra di rugby.”
“Ci ha davvero salvato!”
La odio! La odio! La odio!!!
Io intanto giaccio a terra in una pozzanghera indescrivibile.
Il mio padrone è furibondo e distrattamente mi parla.
“Era un preservativo usato che bloccava lo scarico!”
“Quei figli di puttana, non è la prima volta che capita.”
“Culattoni di merda che si scopano in palestra!”
“Se li becco li inculo io a sangue e senza preservativo!”
“Sai schiavo, si vede che è il tuo destino, quando ti ho estratto dal sifone, ti sei salvato perché sei rimasto imprigionato dentro al preservativo, dove probabilmente si era conservata una bolla di aria.”
“Io al tuo posto non lo racconterei in giro, anche perché, quando ti ho lasciato a terra, galleggiavi in un mare di sperma e non escludo che te lo sia pure bevuto.
“So che ne sei goloso!”
Intanto l'acqua si è ritirata e le docce sono finalmente libere.
“Buono”, dice il mio signore,“anche per oggi abbiamo fatto il nostro dovere, vero schiavo?”
”Visto che tra poco arriva la delegazione di rugby, che ne dici di dare una bella pulita?”
“E magari, visto che ormai sei pratico, svuota per bene anche il sifone, immagino ci sia parecchia schifezza là sotto.”
“Avrai fame dopo la nuotata che ti sei fatto!!!”
Ride il mio padrone della sua battuta, anche se in cuor suo sa che ubbidirò alla lettera.
“Vengo a riprenderti tra un'ora, ma vedi di essere puntuale, non vorrei essere al tuo posto se i giocatori di rugby dovessero trovarti qui.”
E il mio signore bellissimo, mettendo la sua mano sul sedere della segreteria se ne va, lasciandomi solo, proprio come un pesce fuor d'acqua.




Schiavo Luca

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